Recensione dello spettacolo Fame mia in scena al Teatro Brancaccino dal 24 al 27 gennaio 2019
Fame mia è la storia di una bambina a cui piaceva molto mangiare ma che diventata adolescente si è trovata a fare i conti con un corpo che non le piaceva più e per questo ha provato a spegnerlo smettendo di mangiare... Questa storia appartiene alla protagonista della performance, Annagaia Marchioro, che ha personalizzata il racconto, ma prende spunto dall’opera di Amelie Nothob, Biografia della fame.
Pur rispettando le sequenze narrative del testo d’ispirazione, i personaggi sono stati reinventati e ideati da Annagaia Marchioro che ci immerge in una serie di vivaci e ed esilaranti quadretti che hanno caratterizzato la vita della protagonista fino al momento della sua rinascita. L’attrice infatti rappresenta vicende che seguono l’andamento parabolico tipico di chi dapprima tocca il fondo per poi salvarsi e trovare l’energia per reagire proprio nel teatro. Annagaia, dopo un’infanzia felice trascorsa a mangiare con gusto i cibi cucinati dalla nonna, si ritrova adolescente in sovrappeso che non interessa a nessuno. Tutto questo la getterà in uno sconforto tale da desiderare di morire. Ma Annagaia impedirà a questa pulsione di sopraffarla…
Grazie alla straordinaria regia di Serena Senigaglia e alla scrittura prepotentemente ironica di Annagaia Marchioro, questa storia di salvezza è stata narrata in modo dinamico e movimentato alternando momenti di estrema leggerezza a momenti drammatici di forte impatto emotivo. La drammaturgia si delinea con sequenze dialogiche caratterizzate con vari registri linguistici cuciti addosso alle singole interpretazioni racchiuse nel monologo. Le straordinarie doti attoriali della Marchioro sono evidenti dal suo continuo entrare ed uscire dalla molteplicità di ruoli presenti in scena, a partire dai componenti della sua famiglia veneta, la suora pugliese, sua maestra e catechista, la sua migliore amica napoletana, il maestro di teatro. Ogni parte è ben caratterizzata con la perfetta simulazione dei dialetti regionali, con gestualità e mimica adattati a ogni personaggio. Una sola attrice per molti volti, che rende esilaranti e assolutamente credibili, ad esempio, le scene del pranzo domenicale in famiglia, rendendone palpabile la presenza, seppur solo evocata. Il disegno luci ha contribuito a sottolineare i cambi scena e i passaggi più significativi, mettendo in evidenza soprattutto l’interiorità dei personaggi. L’energia e la vitalità dell’attrice che in più di un’ora sul palco ha recitato, cantato e ballato senza fermarsi mai, hanno contagiato anche il pubblico in sala, trascinato dalla comicità e dalla musica, elemento non affatto secondario. Il risultato conseguito è stato un frizzante e movimentato spettacolo di grande riuscita grazie ad un testo interessante, un’attrice e autrice di talento e un’eccellente regista.
Mena Zarrelli
30 gennaio 2019