Domenica, 24 Novembre 2024
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“Don Giovanni” di Valerio Binasco: Una pietra miliare del teatro torna a parlare

Recensione dello spettacolo “Don Giovanni” di Molière per la regia di Valerio Binasco andato in scena al teatro Argentina dal 8 al 20 gennaio 2019

«…dunque chi sei?»

«Sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente opera il bene.»

(Goethe, Faust)

 “Stairway to Heaven” ci parla di una donna sicura che tutto ciò  che luccica sia oro e che la scalata al paradiso si possa acquistare. Queste note aprono lo spettacolo e  accompagnano in scena la proiezione dei versi iniziali della commedia originaria di Tirso de Molina “L’Ingannatore di Siviglia e il Convitato di Pietra”  da cui nasce il personaggio di Don Giovanni divenuto poi mito con l’opera di Molière:

 (…) ISABELLA: «vado a prendere un lume.»

DON GIOVANNI: «Ma perché un lume?»

 ISABELLA:«Perché il cuore si convinca della gioia che ora godo.»

 DON GIOVANNI: «Io spegnerò la candela. »

ISABELLA: «Oh cielo! Ma tu chi sei?»

DON GIOVANNI: «Sono un uomo senza nome.»

 (…) RE DI NAPOLI: «Chi Sei?»

DON GIOVANNI: «E chi dovrei essere? Sono un uomo con una donna.»

 

Nasce nel buio Don Giovanni, profondo indagatore delle passioni umane più cupe e morbose e al contempo foriero di una ragione fredda, priva del tepore illuminato dello spirito. Eppure, in questo adattamento di Valerio Binasco scopriamo un Don Giovanni strumento inconsapevole dello stesso spirito divino nello smascherare le più intime ipocrisie individuali.

 

Questo Don Giovanni sfida la divinità, l’ autorità, la morte, ma soprattutto mette alla prova l’ adesione ai princìpi e ai desideri che si intendono sposare, e nel farlo “salva la vita, ma toglie l’ onore”.

Inconsapevolmente e nel modo più crudele salva la vita di Petruccio e Charlotte in procinto di celebrare un matrimonio sbagliato, lo stesso vale per Donna Elvira sollevata da una monacazione non convinta, e per Don Carlos che costretto a scegliere tra fede e onore si ritirerà dal duello.

Solo chi è sinceramente fedele ai propri sentimenti (come gli innamorati in barca e il povero credente) ha salvo l’onore restando immune agli attacchi di Don Giovanni come per volere divino.

Lui d’ altra parte non prova alcun sentimento (non amore, non pietà, non risentimento né paura), solo animato dalla granitica volontà di soddisfare le sue voglie effimere, è disposto a difendere questa libertà ad ogni costo. A differenza delle sue vittime che si vendono per desiderio, vanità o paura, lui non si vende restando sempre fedele a sé stesso! Tuttavia la figura del servo Sganarello (Sergio Romano), unico vero confidente di Don Giovanni, sembra essere la seconda metà di una mente scissa in due, in dialogo con sé stessa, mostrandoci un animo dubbioso, schiavo e vittima delle proprie pulsioni, incapace di anelare alla vera libertà.

In una scenografia aristocraticamente decadente, sulla quale vegliano dapprima una statuetta di Madonna con bambino e poi una luminosa e gigantesca Luna, si muovono i personaggi passando da ambienti chiusi ad ambienti aperti.

Magnifico e convincente Fabrizio Contri  nelle vesti di Don Luigi, che rimprovera il figlio Don Giovanni provocandone la commozione e il pianto rabbioso nell’unico momento in cui il libertino sembra essere colpito nei suoi sentimenti. 

Bravissimo e aderente al personaggio rivisitato, Gianluca Gobbi è il Don Giovanni rock che non ti aspetti, ribelle e disinvolto in t-shirt e giacca di pelle, nel suo costume di scena nessun orpello ad ingannare gli occhi. Don Giovanni seduce con l’eloquio, il prestigio sociale e la forza del suo desiderio.

Anche Donna Elvira (Giordana Faggiano) costituisce un elemento di novità nell’ adattamento, piena di passione, prima rabbiosa e poi sensuale, non si pente di desiderare carnalmente Don Giovanni fino alla fine.

Ma l’intervento di adattamento più sostanziale sta nella morte del protagonista dove, per la prima volta, non ci sono fulmini e voragini infernali a inghiottire il libertino. Il vero dannato sembra essere il servo Sganarello rimasto in vita nel suo inferno personale supplicando per una paga.

Don Giovanni affronta la morte con la stessa disinvoltura e irriverente sarcasmo con cui ha vissuto ed infine cade esanime ai piedi della statua dalla quale viene accolto in una posa che ricorda la Pietà michelangiolesca. La morte separa Don Giovanni da Sganarello consacrandolo e consegnandolo all’ eternità in forma d’arte.

In un gioco di specchi inversi l’eloquio artificiale di Don Giovanni si infrange contro il silenzio lungimirante della Statua e il suo cuore di roccia cede e si rispecchia nelle sembianti del Convitato di pietra:

DON GIOVANNI: «prendi quella fiaccola.»

STATUA: «Non c’è bisogno di lume quando si è guidati dal cielo».

 

A Valerio Binasco va dato il merito di essere stato innovativo con intelligenti, calibrati e attenti espedienti. Il regista ha colto la vera essenza del Don Giovanni e, pur restando fedele al testo di Molière, è riuscito ad adattare la commedia allo spirito del nostro tempo dicendo quello che forse non era permesso dire a un Molière già censurato per “Tartufo”.

La religiosità bigotta e manichea, fatta di punizioni ed exempla terrificanti lascia il posto ad una nuova spiritualità dell’ inclusione dove anche le ragioni dell’ avversario vanno indagate in un disegno divino che è più grande ed intelligente di noi.

Per restare fedeli alla commedia andata in scena, lasciamo la prima come l’ultima parola alla musica con le indovinate scelte registiche di “ Whole lotta love” e “Stairway to Heaven” dei Led Zeppelin:

“(…)And as we wind on down the road
Our shadows taller than our soul

There walks a lady we all know
Who shines white light and wants to show
How everything still turns to gold

And if you listen very hard
The tune will come to you at last
When all are one and one is all
To be a rock and not to roll
And she's buying the stairway to heaven.”

 

 

Anna Valentina Pappacena

23 gennaio 2019

 

 

informazioni

 

DON GIOVANNI
di Molière
regia Valerio Binasco
con (in o. a.) Vittorio Camarota, Fabrizio Contri, Marta Cortellazzo Wiel
Lucio De Francesco, Giordana Faggiano, Elena Gigliotti, Gianluca Gobbi
Fulvio Pepe, Sergio Romano, Ivan Zerbinati
scene Guido Fiorato
costumi Sandra Cardini
luci Pasquale Mari
musiche Arturo Annecchino

produzione Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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