Recensione dello spettacolo Tradimenti in scena al Teatro Manhattan sabato 26 e domenica 27 gennaio 2019 – spettacolo visto nella replica del 20 gennaio
Inizia dalla fine, dalla fine della storia d’amore tra Emma e Jerry, l’opera più famosa del drammaturgo inglese Harold Pinter, in scena al Teatro Manhattan sabato 26 e domenica 27 gennaio. Il finale è svelato prima ancora che lo spettatore possa immedesimarsi nei personaggi e nelle loro storie di alta infedeltà (del resto neppure il titolo lascia spazio all’immaginazione).
A Pinter piace giocare pulito, tanto da mettere subito le carte in tavola, con quella onestà disarmante e spiazzante che lo contraddistingue. E senza mai esprimere un giudizio morale. Come potrebbe d’altronde, se i fatti narrati nascono dalla sua stessa storia d’amore clandestina con una presentatrice della BBC? Mentre al pubblico, destinatario della verità, non resta che riavvolgere il nastro. A partire da quella primavera del 1977, quando Jerry (Tommaso Barbato) ed Emma (Francesca Romana Cerri) si rivedono in un pub di Londra.
Sono passati due anni dal loro ultimo incontro extraconiugale. Due anni che sembrano aver cancellato i sette di amore e passione precedenti. Ma non il ricordo.
Di scena in scena (nove in totale), di anno in anno, lo spettatore conosce Robert (Rodolfo Maria Bonucci), marito e migliore amico di Jerry, apprende del suo forte sospetto e dell’appartamento in affitto dei due amanti. Impara a conoscere meglio i personaggi e si interroga su quei giochi di ruolo così forzati, da risultare finti. Come può Robert continuare a frequentare il suo migliore amico, collega, nonché testimone di nozze alla luce dei fatti? E come può Jerry rimproverare all’amico tradito la mancata trasparenza nei suoi confronti?
Non c’è turbamento, non c’è neppure catarsi, il tradimento stesso si annulla e perde vigore. Restano l’inganno e l’autoillusione dei personaggi e del pubblico stesso. L’illusione dei primi di essere nel giusto nonostante tutto, e quella dei secondi di non aver colto il reale messaggio di Pinter.
E se dal disorientamento pinteriano può nascere una riflessione, lo spaesamento che si prova nel vedere Tradimenti di Francesca Cerri, regista oltre che attrice, è dovuto più all’assenza di qualcosa che a qualche sottigliezza non colta. L’intera narrazione procede senza accenti, né sfumature: l’interpretazione è piatta e manca di quell’universo meta verbale che completa il senso dei dialoghi asciutti e mai banali dell’autore.
Se non fosse per il cambio scena, sarebbe addirittura difficile distinguere il passaggio da una fase all’altra delle vite dei protagonisti. E probabilmente è proprio questo l’unico spunto interessante dell’allestimento: gli attori indossano sempre una maschera bianca, come a sottolineare l’unico momento in cui ammettono a sé stessi e ai presenti la loro reale natura.
Concetta Prencipe
21 gennaio 2019