Recensione dello spettacolo “The Prudes”, in scena al Teatro Belli dal 17 al 19 Dicembre 2018, nell’ambito della rassegna “Trend – Nuove frontiere della scena britannica”
“C'è una cosa molto importante che noi dobbiamo fare prima possibile” dice Alice Harford nella celebre battuta finale di “Eyes wide shut”.
Quello, appunto, che James (Gianluigi Fogacci) e Jessica Prude (Carlotta Proietti) non fanno da 14 mesi, come testimonia implacabilmente il diario di lei. Dicono di non essere, nomen omen, “prude” (puritani) e, per dimostrarlo, decidono di praticare terapeuticamente davanti al pubblico. Da questo gustoso spunto narrativo, che dà sale all’intero testo di Anthony Neilson, si dipana uno snervante dialogo fatto di recriminazioni, confessioni, elucubrazioni, dentro cui affonderanno i sani propositi iniziali.
Nelle battute iniziali si dice che il sesso è ciò che contraddistingue l'essere coppia, perché è ciò che non si può cercare al di fuori di essa. Definizione attaccabile, e di fatto discussa dagli stessi personaggi. Ma tant'è: intorno al sesso si impernia l'equilibrio di una coppia o, quanto meno, è esso il termometro della sua salute. Non discuterne, farlo: da questo assunto Anthony Neilson non vuole distrarre il suo pubblico. L’indagine sociologica, i riflessi psicoanalitici, non potrebbe essere altrimenti, compaiono nel suo testo; nei suoi dialoghi si seziona con acutezza il capello. Ma, pragmatico come vorrebbero essere i suoi personaggi, è egli stesso ad irridere quel fiume di parole e di riflessioni, che appaiono solo accessorie a celare la nuda, triste verità.
L’autore non ambisce quindi, nella sua tessitura drammaturgica, ad uscire dai toni della commedia. Le tematiche si prestano naturalmente a creare situazioni talora esilaranti e a suggerire salaci scambi di battute. Ma è con quella sottile eleganza che solo lo humour inglese riesce ad avere che, durante tutta la pièce, il pubblico viene coinvolto in un sentito divertimento. Gli attori, pur compartecipando ad esso in virtù di un palpabile affiatamento, rispettosi dell’impostazione data dall’autore, si calano in una recitazione, che è solo apparentemente colloquiale, ma è in realtà virtuoso esercizio di sottile regolazione della misura, comunque capace all’occorrenza di modulare su diversa e più spessa intensità.
“The Prudes” non distende gli spettatori sul lettino dell’analista, non punta un dito accusatorio sui loro vizi e debolezze. Piuttosto li invita ad una garbata conversazione. Ma è dietro quell’apparente disincanto che Anthony Neilson, cinico ed irriverente, cela la sua trappola. Facendo ridere svela appunto il ridicolo. Ovvero cosa e quanto siamo capaci di ordire intorno al quel nodo, che noi, irrimediabilmente “prudes”, non siamo stati capaci di sciogliere. Pronti a dire, pensare, analizzare, ma non, come ci aveva suggerito Alice Harford, a scopare. E allora si ride, ma amaro.
Valter Chiappa
19 Dicembre 2018