Martedì, 05 Novembre 2024
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Sensuale, crudele e folle: la Salomé di Oscar Wilde rifulge grazie all’interpretazione di Gaia Aprea al teatro Eliseo

Recensione dello spettacolo ‘Salomé’ in scena al Teatro Eliseo dall’11 al 23 dicembre 2018

 

La coraggiosa versione del dramma di Oscar Wilde si impone potente sul palcoscenico del Teatro Eliseo, non solo attraverso la presenza scenica degli attori protagonisti ma anche grazie a una spettacolare scenografia e una colonna sonora curata da Ran Bagno, che cala ancora di più lo spettatore nel mistico e perverso universo della crudele e sensuale Salomé. 

È proprio dal suo personaggio che nasce il testo del drammaturgo irlandese: Wilde compose il dramma in un unico atto in lingua francese nel 1891 prendendo ispirazione dalla vicenda narrata nei Vangeli di Marco e Matteo, secondo i quali la principessa Salomé chiese ad Erode la testa di Iokanaan, ovvero Giovanni Battista, per compiacere il desiderio della madre Erodiade che esigeva vendetta nei confronti del profeta. Ed è proprio a questo punto che il personaggio di Wilde si differenzia rispetto a quello biblico: avviene così un primo salto di qualità, viene suonata una prima nota ‘stonata’ da parte di Wilde che ha esigenza di costruire la sua Salomè e di dipingerla come un animale selvaggiamente crudele e assetato di morte. La sua protagonista è mossa non solo da un sentimento di pura cattiveria ma anche da una pura pervesione, un sadismo sanguinolento e una naturale follia che la spingono a danzare davanti al tetrarca Erode per ottenere la sua vendetta verso il profeta Iokanaan che ha osato rifiutarle il suo amore. 

Una crudeltà perversa che il pubblico dello spettacolo diretto da Luca De Fusco hanno vista ben incarnata in una maestosa Gaia Aprea: vestita d’argento e con un trucco Lunare, la Aprea mette in scena una Salomè forte e decisa, mai vittima, che si compiace di se stessa e che rifulge della sua stessa forza e bellezza sotto la luce di una Luna onnipresente in scena e, come la Luna assiste impassibile agli atti osceni, brutali e vendicativi che si susseguono in scena, così Salomè non batte ciglio quando la guardia innamorata di lei si suicida o quando Erode non fa mistero del desiderio che nutre per lei. A turbarla è solo il comportamento di Iokanaan che, diversamente dagli altri, non resta affascinato dalla bellezza conturbante della principessa, ma piuttosto ne è disgustato perchè simbolo della decadenza morale dell’essere umano e perché mossa da quegli istinti primordiali che l’essere umano cerca di nascondere sotto il velo dell’etica e della morale ma di cui all’epoca non si faceva un gran mistero.

La Salomè di Wilde, però, non è unicamente un dramma: difficile configurarla solo in questo senso quando, giocando con la figura di Erode, qui magistralmente interpretato da Eros Pagni, Wilde approfitta delle diverse sfaccettature del personaggio del tetrarca di Giudea per inserire anche una verve comica, mischiando sapientemente l’elemento ironico con quello drammatico come solo i più grandi drammaturghi possono permettersi di fare. Il personaggio di Erode è ideale per introdurre il registro comico nella vicenda e rendere ancora più grottesca la rappresentazione: scegliendo di mantenere il testo wildiano intatto in scena, infatti, il regista De Fusco ha mantenuto intatta anche l’originaria alternanza tra comico e tragico da cui scaturisce quella contradditorietà a cui il pubblico in sala risponde ora con il sorriso se non con il riso e ora con i brividi lungo la schiena. Nei panni di Erode, Pagni si dimostra come sempre un artista immenso:  il suo è un personaggio chiaramente chiuso nel suo piccolo universo animato da una lotta perenne e folle tra l’amore platonico e il desiderio carnale che prova per Salomè, tra il timore per le parole del profeta e la sacralità del suo ruolo di tetrarca, sentimenti contorti che rendono il personaggio ancora più enigmatico e la sua interpretazione una sfida che Pagni vince a pieni voti. 

Promosse a pieni voti anche scene e costumi curati da Marta Crisolini Malatesta: vincente la scelta di mantenere sul palco la Luna per tutta la durata del dramma, quale eterna testimone delle vicende umane sulla Terra, particolare che sembra voler accentuare ancora di più l’immortalità di una vicenda che, a più di 2000 anni di distanza, riesce con il suo mistero ad inquietare ancora il pubblico.        

 

Diana Della Mura 

16 dicembre 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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