Martedì, 05 Novembre 2024
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HARROGATE, un limbo sull’orlo del precipizio

Recensione dello spettacolo Harrogate in scena al Teatro Belli dal 30 novembre al 3 dicembre TREND nuove frontiere sella scena britannica a cura di Rodolfo di Giammarco


È impercettibile il mutamento dell’amore in possesso. È esecrabile la degenerazione dell’amore paterno in bramosia sessuale. È indicibile il tumulto di un uomo imprigionato nei labirinti della propria psiche. Tutto questo è Harrogate, un limbo sull’orlo del precipizio in cui i suoi protagonisti coesistono in bilico tra amore e tormento.


Eppure, Harrogate non è turpe o ripugnante. È resistenza all’aberrazione, l’intento di domare impulsi devianti. È la consapevolezza di essere padre e marito, di adempiere al dovere di conservazione e difesa del nucleo familiare, salvo poi celare un disturbato e perverso senso del controllo.
La scena si svolge tra le mura domestiche. Un uomo si confronta, in tre diverse sequenze della messinscena, con l’amante, la figlia e la moglie. Con ognuna di loro vive un conflitto disuguale ed è concretamente un uomo differente per ciascuna.
Il regista Stefano Patti coglie sensibilmente il sapore sinistro e brumoso della sceneggiatura. Un singolare torpore invade la scena, scandendo un movimento grave e al contempo sfuggente.
Un cubo bianco è lo spazio scenico destinato agli attori, i bravissimi Marco Quaglia e Alice Spisa.
L’attrice interpreta le tre donne, destreggiandosi bene con i cambi di costumi e di sequenza. 
Alice Spisa restituisce le dense sfumature caratterizzanti le differenti personalità, custodendo l’essenza echeggiante dei suoi personaggi.
L’amante simula la figlia in un torbido gioco di ruolo. La figlia, incredibilmente rassomigliante la madre, scatena le pulsioni recondite del padre. La moglie, oramai troppo matura agli occhi del marito, tenta di riaccendere la fiamma del desiderio assecondando l’uomo, scoprendone gli istinti impudichi. Harrogate è un involucro apparentemente candido, un focolare colmo di dissimulazioni.
L’interno dell’appartamento è dominato da bianco candore, ciò consente l’inserimento di video proiettati sull’isola della cucina posta al centro della scena. Suggestivi ricordi e tumulti interiori, alterati da sonorità acute e metalliche, sono come presagi della deriva perversa di cui è vittima il protagonista maschile.
Marco Quaglia, saldo e impeccabile, padroneggia la scena. È incalzante quando con l’amante dispiega autorità e possesso nell’incestuoso gioco di ruolo. È premuroso e complice nell’ambigua relazione con l’adolescente, rivelando l’essenza scivolosa e manipolatoria del personaggio. È reo confesso, eppure palpitante e smanioso di lussuria, dinanzi al corpo contratto della moglie adornato con tenebroso desiderio degli abiti della figlia.
Al Smith offre uno sguardo autentico e audace su un tema tanto sensibile, donandoci una prospettiva intima e capillare sull’instabilità psichica.
Harrogate snoda sfumature impalpabili e sordide, che incredibilmente eludono il ribrezzo e generano una sorta di eccezione empatica, un privilegio emotivo e inaspettato nei confronti del protagonista maschile.
L’unica pecca è l’eccessiva tendenza esplicativa in alcuni dialoghi, tuttavia è un’inezia trascurabile. È indubbio e ulteriormente confermato dagli intensi applausi che Harrogate sia una pregiata rivelazione.

 

Caterina Matera
4 dicembre 2018

 

Informazioni

 

HARROGATE
di Al Smith
con Marco Quaglia e Alice Spisa
regia Stefano Patti
traduzione Alice Spisa
luci Paride Donatelli
scene Daniela Patti
musiche originali Virginia Quaranta
aiuto regia Cristiano Demurtas
assistente volontario Mattia Sonnino

Argot Produzioni in collaborazione con 369gradi

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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