Mercoledì, 09 Ottobre 2024
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Drumul, la strada di Marius Bizău che guida all’integrazione

Recensione dello spettacolo Drumul- la strada di Marius Bizău andato in scena all’Altrove Teatro Studio dal 16 al 18 novembre 2018

 

Drumul è la strada su cui ci conduce il protagonista Marius Bizău dall’inizio alla fine del suo intenso percorso autobiografico, dal passato di una infanzia trascorsa in Romania, negli anni difficili della dittatura di Ceausescu, fino all’approdo in Italia, di cui il protagonista rivive con il suo pubblico i ricordi, attraverso le percezioni adolescenziali del quindicenne che era allora, smarrito di fronte ad una realtà del tutto nuova e tanto diversa da quella lasciatasi alle spalle.


Il racconto di Marius rivive con fervida lucidità gli eventi che hanno segnato la sua vita dal 1983, anno di nascita; la lotta per il riconoscimento di una casa, per cui si spende in prima linea l’energica madre di Marius, la quale non si fermerà se non di fronte alla consorte di Ceausescu  in persona per rivendicarne il diritto; i ricordi di bambino a Timisoara , nella Romania sotto lo scacco del regime comunista, fino a quando la rivoluzione dell’89 non porterà ad uno sradicamento violento dell’austerità della dittatura. Fatti drammatici della nostra storia contemporanea riaffiorano nel linguaggio e nelle percezioni del protagonista Silviù (Marius è il secondo nome) di appena sei anni che della rivoluzione coglie il disordine che ne consegue nella sua casa, il timore dei genitori che insistono perché i figli si riparino in loro assenza; tale contingenza porterà Silviù e la sorellina Monika a soggiornare nella amata campagna dei nonni, rievocata qui in scena nella sua più ideale bellezza. 
Gli anni successivi vedono emergere la figura di un madre determinata ed instancabile, che dopo aver ottenuto la separazione dal marito violento, decide di affrontare un viaggio che la porterà in Italia, alla ricerca di un impiego e di un futuro più proficuo per sé ed i propri figli, con i quali potrà definitivamente ricongiungersi dopo anni di affidi a parenti e conoscenti inadeguati.
Il cambiamento è drastico per il giovane Marius; qui, in una Roma così vasta e incurante , il nostro narratore sperimenta la dimensione della solitudine, scontrandosi ferocemente con la sua condizione di straniero che si traduce nell’ indifferenza dei compagni di classe al liceo - unico riferimento nella classe diventa il compagno di banco Nilson - e che solo più tardi, grazie all’interessamento di un attento insegnante, potrà riscattare grazie all’approdo a teatro, esperienza salvifica, che ne sancirà l’affrancamento dalla condizione di marginalità cui si sente destinato in quei primi anni.
Marius regala al pubblico, che non perde il contatto con il suo sguardo sicuro per tutta la durata del monologo, la storia del suo più grande riscatto attraverso la formazione teatrale, tradottosi nella fortunata esperienza nella prestigiosa  Accademia Nazionale Silvio d’Amico; il Silviù che aveva lasciato la Romania si tramuta passo dopo passo, con passione e dedizione costanti, nel talentuoso Marius, il primo straniero ad essere ammesso al secondo anno  della scuola - decisivo “il suo italiano impeccabile”- conferendo un significato reale all’espressione integrazione.
La strada che intraprendiamo guidati dall’ipnotico attore, capace di riempire il palco con la sua decisa figura - complice l’accurato accompagnamento musicale dal vivo di Daniele Ercoli che si avvale di strumenti tra cui una tromba ed il contrabbasso, la cui alternanza risulta essere perfettamente  studiata e calibrata per i diversi segmenti della narrazione – è costellata di molti ostacoli, bivi e traguardi che raccontano il coraggio di chi lascia il luogo chiamato casa, guidato dalla speranza di un seconda opportunità. La platea segue il fluire della narrazione, vigorosa, che oscilla tra toni dolorosi e tormentati, a tratti giocosi, tra cadenze dialettali e frammenti recitati in lingua rumena, come a voler restituire alla lingua natia tutta la sua dignità, da parte di colui ha compreso con l’esperienza del tempo quanto rinnegare se stessi e le proprie radici non garantisca un passepartout per l’integrazione.
La forza dello spettacolo in scena all’Altrove Teatro risiede dunque nella velleità del suo protagonista di ribadire che non vi sono le basi per un futuro che prescinda dalla rispettosa memoria delle origini, poiché la ricchezza che contraddistingue e rende unici ciascuno di noi dimora proprio nelle nostre radici, di cui dobbiamo farci gelosi custodi. 
Marius, l’abile interprete dalla perfetta dizione , ci fa dono della sua giovane storia, condividendola con noi nei suoi passi più intimi e genuini, lasciandoci con la convinzione che in tempi in cui si inneggia al sentire nazional popolare, a maggior ragione in questi tempi, sia necessario ribadire, insegnare, diffondere un messaggio positivo che contrasti la paura per ciò che rappresenta la diversità; da quest’ultima possiamo trarre un arricchimento non comune, che nel caso di Marius si è perfettamente sintetizzato nella sua essenza di uomo, cittadino tanto rumeno quanto  italiano, del suo sentirsi inglobato, integrato, voluto da due culture che abitano luoghi distanti e parlano linguaggi diversi, ma che sanno guardare l’una all’altra, in questo spettacolo di umanità straordinaria, in cui non c’è spazio per il linguaggio retorico ma solo per un grande caloroso e sincero abbraccio.

 

Elena Federici
22 novembre 2018

 

informazioni

Scritto e diretto da Lorenzo Di Matteo con Marius Bizău,
musiche dal vivo a cura di Daniele Ercoli

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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