Martedì, 26 Novembre 2024
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From Pinocchio. Di come l'omologazione ha postmodernizzato la più nota fiaba di Collodi

Recensione dello spettacolo From Pinocchio in scena al Teatro Planet il 7 e l'8 aprile all'interno del DOIT Festival 2016

Nella civiltà contemporanea, a quanto pare, o ti omologhi o diventi un alienato mentale...un concetto un po' sovietico se applicato a un'ottica culturale democratica come dovrebbe essere la nostra. Comunque, che ci piaccia o no, la situazione al momento sembra essere questa e nulla per molto potrà cambiarla.

From Pinocchio, nei suoi momenti più interessanti (i tre quarti dello spettacolo), parla proprio di questo, soffermandosi su come gli omologati, perfetti e anonimi burattini senza volto, stanno lì a tormentare fin dalla più tenera età, con rimproveri e rimbecchi, i futuri "non allineati" che non riescono a tenere a bada in nessun modo la loro vivacità (dispetti, violenza) e non fanno altro che perdersi in continue fantasticherie (giochi, bugie).

E' la verità, non gli si può dar torto: a casa, a scuola, per strada dal tuo primo vagito in poi non faranno altro che urlarti che per il tuo bene "NON DEVI DIRE, FARE o PENSARE" di volta in volta qualcosa...ma non tutti ci cascano e per loro sfortuna se proprio gli va bene, stretti tra due fuochi, smarriscono l'identità e di conseguenza quale occasione più ghiotta per spedirli al Centro d'Igiene Mentale? Se gli va male, non stiamone qui a parlare.

La parte di spettacolo meno interessante è purtroppo quella che (non si capisce perché) deturpa la bellissima fiaba di Pinocchio. Lo si potrebbe definire quasi un oltraggio, non solo all'opera letteraria in se ma a Collodi stesso. Quello che stupisce in tutto questo è il dover stare per forza a mostrare il lato oscuro dei Buoni (nei Cattivi c'è poco di buono da cavare fuori a meno che non ti trovi in un noir dell'Hard - Boiled) cadendo addirittura nel luogo comune della fatina turchina maniaca psicopatica. A mio avviso le fiabe sono belle proprio perché nelle trame della loro fantastica surrealtà celano la più bieca e malsana violenza della macabra quotidianità.

Ovviamente una questione di buon gusto (personale) non va a sminuire uno spettacolo valido dal primo all'ultimo momento e che, riportando alla memoria diversi momenti della drammaturgia del Novecento, con arguzia critica e ironico sarcasmo pone l'attenzione su un problema di sconcertante attualità fin troppo sottovalutato...che la televisione, internet e i continui bombardamenti mediatici ci abbiano già reso anonimi burattini indottrinati senza fili?

 

Fabio Montemurro

10 aprile 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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