Martedì, 26 Novembre 2024
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Sistema Cechov: Zio Vanja. Riposeremo, ancora?

Recensione dello spettacolo Sistema Cechov: Zio Vanja in scena al “Teatro Argot” dal 29 marzo al 10 aprile 2016

Al Teatro Argot per la regia di Filippo Gili è in scena una rilettura dello Zio Vanja, per il Progetto Sistema Cechov a cura di Uffici Teatrali, dopo le rappresentazioni de “Il Gabbiano” e “Tre sorelle”.
Ad accogliere il pubblico una scenografia allestita, il salone della vecchia cascina in cui lo zio Vanja con la nipote Sonja si è occupato per 25 anni dell'amministrazione della stessa e della terra di famiglia.

Ed in media res il pubblico, come i lettori del testo sono invitati, ad accomodarsi intorno, in attesa di assistere agli stanchi ed annoiati dialoghi fra i protagonisti. Zio Vania interpretato da Paolo Giovannucci, avvolto dalla tediosa insofferenza come tutti gli altri personaggi, prova ad attirare l'attenzione della bella cognata acquisita, Elena (Chiara Tomarelli), e fin da subito interviene l'abilità del regista che ne studia pause e ne movimenta i dialoghi, che seppur fedeli all'originale arrivano più immediati e familiari agli spettatori. Questo zio Vanja, infatti è ambientato ai tempi della vicenda ma come non accorgersi del parallelismo tra la nostra e la passata epoca, di stallo, a cavallo tra un secolo e l'altro, dove la paura del fare era più forte della volontà individuale. Con quello stesso annichilimento che anche oggi , impedisce di trovare un nuovo significato al proprio e ad un futuro collettivo.
La Compagnia in scena, come già detto rende perfettamente l'idea di quel sonno che non si riesce a compiere ma che attanaglia ciascuno con la stessa intensità con cui lo si vorrebbe raggiungere. Tutti vorrebbero trovare pace ed è chiaro che questa indolenza non può che sfociare in una reazione più violenta di quanto realmente si vorrebbe esprimere. Così il caro zio Vanja, autocommiserandosi per la sua vecchiaia e la meschinità della sua condizione esploderà nel vero e proprio senso del termine quando inveirà contro l'ex marito della compianta sorella ed esimio professore, Aleksandr Serebrjakov (Ermanno De Biagi) scagliandogli contro una rivoltella. Il rimpianto di Vanja, scuote l'animo del professore ma solo per paura della propria incolumità quando invece quello dovrebbe rappresentare un monito, un ammonimento a risvegliare la propria attenzione a quanto gli accade intorno, distogliendosi dalle parole scritte e lette per opera d'altri.
La messinscena si conclude così come il testo e la giovane Sonja consola lo zio dicendogli che in una vita ultraterrena troveranno entrambi riposo, lei dall'amore non corrisposto da parte del dottor Astrov e lui dalla sua vita fallimentare. I ruoli sono perfettamente impersonati da tutti i componenti e spiccano le interpretazioni di Alessandro Federico che dona maggiore spessore ad un personaggio che nel testo originario, aveva si il ruolo d'aiutante ai fini dello svolgimento dell'azione ma qui appare tanto forte da risultare imprescindibile ai fini narrativi. E ancora il professore, Ermanno De Biagi che con la sola timbrica rende più vivide ed autentiche le parole di un uomo stanco di sentirsi parlare senza un concreto obiettivo. Sicuramente non meno sentite le interpretazioni degli altri personaggi, Elena, Chiara Tomarelli, che rende più attuale e spregiudicata la bella e giovane moglie del professore; Sonja, Emanuela Rimoldi che, come una bambina autistica, dichiara con la sua mimica ed espressione l'impossibilità di esprimere le sue emozioni, e Ilja Ilič Telegin, Matteo Quinzi, tanto comico nella sua interpretazione del parassita da rabbonire anche l'animo più arcigno.
E tutti insieme coinvolti ed impegnati a scuotere quella polvere che da metafora di queste esistenze si materializza e si solleva sotto i riflettori quando si battono i cuscini del divano o mentre bonariamente si danno abbracci e pacche sulle spalle.
Così rileggiamo anche noi Checov e... ahinoi, con un sorriso amaro ne apprezziamo la lungimiranza.

 

S. D.
2 aprile 2016

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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