Recensione dello spettacolo L'orgasmo di Cristo in scena al Teatro Studio Uno dal 31 marzo al 3 aprile 2016
Chi è stato Wilhelm Reich? Dove l'avevano portato le sue ricerche scientifiche da meritare una damnatio memoriae post litteram? Cosa aveva sostenuto o fatto per mettersi contro tutta la Società Psicoanalitica di Vienna e nientemeno che la polizia americana?
Personaggio emblematico della Cultura del suo tempo su questo non c'è alcun dubbio. E la sua storia è così particolare da fargli assumere a più riprese le tinte di un giallo ad enigma inglese.
Di educazione e religione ebraica, dopo aver conseguito la laurea si iscrive al nascente Partito Comunista Viennese, pubblica un libro "La funzione dell'orgasmo" (che indignerà accademici, ecclesiasti, politici e borghesucci benpensanti) e fonda la "Sexpol" o "Associazione per una politica sessuale proletaria"...un insieme di azioni che all'alba del Terzo Reich fecero da detonatore a una vera e propria polveriera culturale e sociale.
Lo spettacolo partendo dalla Genesi (sia biblica che di tutta la vicenda) , passa per yin e yang e dà voce a tutti i personaggi che hanno avuto a che fare con Reich e che senza farsi troppi problemi (compreso l'Esimio Professor Freud) hanno firmato la sua condanna.
Uno Studio che cerca di fare luce a distanza di tanto tempo sulle vicende di un uomo e le teorie di uno scienziato che voleva semplicemente il bene dell'umanità in un mondo di scimmie che pensavano solo a sopraffarsi e distruggersi l'una contro l'altra.
Energia cosmica e orgonica, orgoni e bioni tornano a galla dopo anni e anni di oblio risvegliando, nel relazionare nuovamente "repressione sessuale" e "cancro come forma di riparazione dell'organismo" dubbi più che legittimi e attuali in un'epoca di demagogie e frustrazioni come la nostra dove l'incidenza di mortalità a causa di forme tumorali è altissima.
Una messa in scena interessante, alla riscoperta di qualcosa non troppo lontana dalla verità che giorno dopo giorno cerchiamo di afferrare ma ineluttabilmente, tentativo dopo tentativo, finisce sempre e solo per sfuggirci dalle mani sempre più prese dal fascino fatale della tastiera di uno smartphone o di un tablet.
Simone Càstano, unico attore sul palco, passo dopo passo, celato dall'oscurità e rischiarato da quel po' di luce che basta a descrivere situazioni e luoghi, assume gli infiniti volti della verità e al contempo, in risposta, della contraddizione, ponendo al centro dell'azione e dell'attenzione dello spettatore la parola che di volta in volta diviene, nella moltitudine delle sue sfumature, emozione, anatema, poesia, fiaba, punto di incontro e scontro, leggenda, immagine, allegoria, suggestione...
Fabio Montemurro
6 aprile 2016