Recensione dello spettacolo Citezen X in scena al Teatro Planet il 17 e 18 marzo all'interno del DOIT Festival 2016
La TV, internet, il villaggio globale...ci hanno reso cittadini del mondo o anonimi cittadini X? Tutti uguali, tutti con gli stessi problemi, tutti con gli stessi dilemmi e tutti allo stesso modo omologati, incasellati nell'immenso cimitero social/culturale della decadente Umanità. Schiavi di se stessi e di una tecnologia che ci rende più simili ai trogloditi di quanto non possa sembrare.
Molto probabilmente lo spettacolo di Emanuela Rossetti interpretato dalla notevole Antonella Civali vuole parlaci di questo e molto altro ancora ma in diversi punti scade in un manierismo spropositato e intellettualmente fine a se stesso (Avanguardia Russa e Rodčenko [o forse i Franz Ferdinand?], l'umorismo nero surrealista, Pong [il primo videogioco della storia dell'informatica], atmosfere da 1984, il Puttanesimo profetizzato dal Marchese de Sade poco più di due secoli fa e via dicendo) che rende una serie di spunti interessanti una mal sviscerata accozzaglia di schegge di quotidianità (i colloqui che vanno sempre nella stessa direzione e l'andamento dell'economia in generale che allo stesso modo è unicamente unidirezionale) che nel loro susseguirsi lasciano un bel po' perplessi smorzando il riso anche in quelle situazioni paradossalmente comiche (a volte ridicole) che per forza di cose si vengono inevitabilmente a creare nella finzione come nella realtà.
Nell'ambito cinematografico si sarebbe parlato di montaggio per accumulo, finalizzato all'evocazione di sensazioni e riflessioni o più semplicemente: il regista ti da una serie di dati e situazioni tu ne evinci approssimativamente il probabile senso che eventualmente quel cocktail di cose potrebbe avere nella sua contorta mente il più delle volte priva della benché minima idea.
Nel teatro sembra funzionare meno che sul grande schermo (per fortuna) ribadendo che cosa si va di solito a sopportare al Fringe Festival (salvo meravigliose eccezioni di cui non stiamo qui a parlare, perché non è né luogo né momento) e come il medium Teatro stia lentamente sempre più tracollando perché del Teatro a teatro è rimasto ben poco.
Faccio una precisazione per non essere equivocato: non sono uno di quelli con i paraocchi rivolti al passato o per la tradizione, anzi godo in tutti i sensi con tutti i sensi quando vedo che l'affermazione di nuovi schemi e stereotipi viene tradita per bene. Ma per l'appunto per infrangere le regole bisogna conoscerle a mena dito e il recente mal costume che è andato diffondendosi a macchia d'olio del "primo studio su..." "secondo studio su..." "ennesimo studio su..." ne è sempre più la palese e tangibile dimostrazione.
Antonella Civale è indubbiamente brava, sa muoversi sul palco e sa focalizzare l'attenzione degli spettatori sulle vicissitudini dell'impossibile ricerca del lavoro nel ventunesimo secolo del III millennio b.c. Ad ogni modo il pubblico alla fine è sembrato soddisfatto, "Vox populi, vox Dei"?
Fabio Montemurro
21 marzo 2016