Recensione dello spettacolo Le Mille E Una Notte al Teatro Vascello dal 15 marzo al 26 marzo 2016
Alì Baba alle prese con i 40 ladroni, il marinaio Simbad famoso per le sue fantastiche avventure o il celeberrimo Aladino sono soltanto alcuni dei protagonisti delle arcinote favole che compongono quel ciclo di racconti conosciuto come Le Mille E Una Notte. Storie così famose da aver, in qualche modo, edulcorato o fatto dimenticare il fil rouge che le tiene insieme: una donna che, narrando, lotta non solo per la propria vita ma anche per quella di tutte coloro che verranno dopo di lei.
Si racconta, infatti, che il sultano Shahrīyār dopo aver scoperto il tradimento della moglie condanna a morte lei e l’amante. Ma questo non gli basta: inizia, così,a vendicarsi dell’intero genere femminile uccidendo ogni sua sposa dopo la prima notte di nozze. Soltanto una donna riuscirà a domare questa furia omicida: Shahrazād, la figlia maggiore del gran visir, decide infatti di offrirsi volontariamente al sultano e, abilissima narratrice, lo incanterà ogni volta con una storia diversa riservandosi di rivelargli il finale solo l’indomani. Con questo stratagemma si guadagnerà mille e una notte per far innamorare di sé il sovrano, mitigare la sua rabbia, salvare la sua vita e quella di tutte coloro che sarebbero venute dopo di lei.
Qualcosa, però, deve essere andato storto: quante altre donne, da allora, sono state violate, umiliate, uccise dagli uomini?
La compagnia Teatro Del Carretto decide, dunque, di dare nuovamente voce a Shahrazād (Elsa Bossi): stavolta racconterà antichi miti, personaggi letterari e vicende di attualità non solo per restare in vita ma anche per rievocare tutte quelle donne che, diversamente da lei, non ce l’hanno fatta. Il sonno interrotto di un essere deforme (Giacomo Vezzani), a metà tra un inquieto Calibano e un Mefistofele fallito, mette in moto l’intero impianto di questa Le Mille E Una Notte firmata da Maria Grazia Cipriani: il destinatario non è più il re sanguinario e assetato di vendetta bensì qualunque uomo capace di tutto (Nicolò Belliti) tranne che esprimersi in maniera comprensibile, preso com’è dalla smania di appropriarsi di quella femmina che considera sua proprietà e convinto che per farlo basti la sua inarrestabile virilità. Potrà essere l’eroico Teseo, il folle Orlando, il furioso Otello, il divino Apollo, un qualunque soldato spedito al fronte: la vittima sarà sempre una donna, che sia la fiduciosa Arianna, la bella Angelica, la calunniata Desdemona, l’infelice Dafne o una qualsiasi delle tantissime vittime di troppi stupri di guerra le cui vesti verranno persino vendute in una tragica e grottesca asta.
Le incredibili fiabe e i folli miti, per colpa non solo del passare dei secoli ma anche delle infinite volte in cui sono stati ripetuti oppure variati, hanno perso in un certo qual modo quel loro potere impressionante e orrorifico, divenendo parte del normale immaginario collettivo di ognuno. Lo stesso sta capitando ai più spaventosi casi di cronaca, grazie a una informazione tanto puntuale quanto anestetizzante: Le Mille E Una Notte, attraverso una drammaturgia ben scritta, intelligente e sincretica, dona a ogni episodio – sia esso conosciutissimo o meno noto - nuova linfa, fiato e potere. La varietà di registri e l’energica fisicità di Elsa Bossi regalano brividi, commozione, partecipazione,risate e immedesimazione; la versatilità e la bravura di Nicolò Belliti lo rendono ideale per incarnare ogni diverso archetipo maschile, suscitando amore, paura, desiderio, odio, ammirazione, sudditanza, invidia, pena; la straordinaria prova di Giacomo Vezzani, condita da urla bestiali e movimenti primigeni, guida chi guarda attraverso questo labirinto di contraddizioni verbali, sentimentali, emotive ed esistenziali dominate da un armadio 4 stagioni, il cui contenuto contribuirà a entrare o uscire da tutte queste storie. Vicende che si stagliano nell’efficace scenario creato da Graziano Gregori, inizialmente immacolato ma via via sempre più sporco, calpestato, insanguinato. Come tante vite che non hanno più voce per raccontarsi.
Cristian Pandolfino
21 marzo 2016