Recensione dello spettacolo La Pelle in scena al Teatro Sala Uno il 23 marzo 2016
Il 28 settembre 1943 l'8va Armata degli Alleati entra a Napoli. Le truppe dell'Asse sono in fuga e gli americani in 4 giorni prendono possesso del capoluogo partenopeo da vincitori. La città è liberata ma destino inviso e beffardo vuole che scoppi un'epidemia di Peste che di punto in bianco scombina tutte le carte in gioco. Napoli diventa off limits, non si può né (teoricamente) entrare né (una volta entrati) uscire.
Da questa premessa muove i passi il dipanarsi della vicenda a più voci raccontata dallo spettacolo a cura dell'Associazione Culturale Metis Teatro per la regia di Alessia Otieri che attraverso i tanti sguardi che affollano la città "asserdiata" analizza il senso di colpa che a macchia d'olio dilaga.
Come in una sorta di mefistofelico Decameron, vincitori intrappolati, vinti dalla dignità calpestata, popolane e popolani, pescatori, lustrascarpe, vergini e puttane, in un susseguirsi di degrado fisico e morale come pedine, sulla scacchiera al confine con la zona morta, realizzano mossa dopo mossa l'inevitabile caduta nelle mani della Follia e della Morte.
Sul palcoscenico assistiamo al racconto in prima persona di uomini e donne messi in croce metaforicamente dall'angoscia che li attanaglia e realmente dalla paura che incalza e li spinge sempre più a scendere a compromessi a con se stessi e gli altri pur di salvare propria pelle ormai sporca e schifosa ma pur sempre tanto cara.
Vergini sacrificate sull'altare della prostituzione per un pacchetto di sigarette americane, donne stuprate come fossero bestie da portare al macello, la borsa nera e la conseguente inflazione del costo della carne umana bambini bolliti serviti sul vassoio d'argento come fossero prelibato pesce appena pescato...sono solo l'ultimo capitolo, ma non l'epilogo, di una macabra escalation di eventi correlati.
Uno spettacolo interessante che nella storia di una città (che potrebbe essere qualsiasi città) ormai dimenticata da Dio e dal Mondo ancora troppo impegnato a combattere la Seconda Guerra Mondiale (che potrebbe essere qualsiasi altra guerra) lancia un chiaro messaggio d'accusa ad ogni conflitto tra popoli e a tutte le forme di ipocrisia umana.
A ribadire che ogni guerra non ha né vinti né vincitori ...e tantomeno eroi.
Fabio Montemurro
25 marzo 2016