Martedì, 26 Novembre 2024
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Le sponde del Mediterraneo nelle sonorità dell'Ottetto dell'OPV

#musica
Report del concerto dell'Ottetto dell'orchestra di Piazza Vittorio all'Auditorium "Ennio Morricone" dell'Università di Tor Vergata il 24 febbraio 2016

 

L'OPV incontra all'Auditorium "Ennio Morricone" di Tor Vergata il pubblico romano nel suo più recente formato ridotto (o tascabile come amano definirlo i componenti) dell'Ottetto ma con il nome più lungo mai avuto da una formazione musicale (come non ha mancato di sottolineare il bassista Pino Pecorelli in un intermezzo dialogato col pubblico): "l'Ottetto dell'orchestra di Piazza Vittorio".

 

Un lavoro di ricerca sicuramente differente da quello svolto negli ultimi anni dall'Orchestra al completo (Il Flauto magico, Il Giro del Mondo in 80 minuti e Carmen) dove il Mediterraneo diviene un punto di partenza per esplorare culturalmente e sonoramente le coste dei paesi che bagna e andare anche oltre rielaborando il materiale musicale e le suggestioni emotive dandogli forma intimamente più personale. Ne risulta quindi in ultimo un sound più essenziale ma che al contempo racchiude al suo interno 14 anni di attività e scambi culturali.

Sul palco chitarra (acustica ed elettrica), batteria, tromba, flauti indiani, sassofono, basso elettrico, kora (un'arpa liuto nord africana) e oud (un lontanissimo progenitore del liuto che narra la storia [o forse la leggenda] fu portato nel IX secolo dal musicista Ziryab dalla Persia a Cordova ) generano un'osmosi sonora e musicale che va oltre ogni confine politico e culturale dando vita a un cocktail più o meno equilibrato (ma sempre piacevole) dove folklore (italiano, cubano, ecuadoregno, senegalese e tunisino) convivono e si armonizzano a jazz, classica, rock e pop.

Qualcosa di paragonabile a quello che fu negli anni '70 del 1900 l'International POPular Group, più noto come Area, ma con quel quid in più che rende l'Ottetto dell'orchestra di Piazza Vittorio qualcosa di simile ma al contempo molto differente.

Alla fine il pubblico ha gradito. Il bis è stato d'obbligo ed ha preso forma in una digressione corposamente ispanoamericana ed ha chiuso con un'arabeggiante pezzo dal gusto progressivejazzrock.

Tutto molto bello e coinvolgente, unica nota dolente un soundcheck che spesso ha invalidato strumenti più interessanti come kora, aud e flauti indiani che, nonostante l'amplificazione, scomparivano divorati dai tonfi della batteria.

 

 

Fabio Montemurro

25 febbraio 2016

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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