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Recensione. Frida Kalho: la donna, il mito

Recensione dello spettacolo Frida Kalho. Ritratto di una donna, in scena al Teatro della Cometa dal 16 al 28 febbraio 2016

Nella sala a balconate rosse del Teatro della Cometa, suggestivo ambiente teatrale, viene portata in scena la vita di Frida Kahlo, in uno spettacolo che porta il suo nome. Una trasposizione teatrale di quella che fu l’esistenza di un’artista alternativa, una ricerca approfondita per riconsegnarci Frida, pennellando una trama, come un suo ritratto.

Un confronto alto con un’icona intramontabile, una pittrice avanguardista, simbolo di emancipazione femminile, una donna. Frida Kahlo è l’artista messicana il cui nome è sempre accompagnato da un ammiccante sentore di scandalo e contemporaneamente un senso di purezza, è così profondamente tesa a sentire l’essenza, il margine più intimo delle cose, così da sfiorare gli estremi emozionali e percettivi della vita che lei esprimerà poi nella pittura. “Non dipingo sogni, dipingo la vita”. Corposo e carico di pathos è anche il carteggio di questa donna che è mescolanza di fuoco, scorrere d’acqua, vogliosa d’aria, coriacea, fertile di idee come la terra, pregna di folklore e tradizione messicana e contemporaneamente aperta ai respiri e alle suggestioni del mondo.

Alla pittura, così come alla scrittura di Frida, si sono ispirati Alessandro Prete e Alessia Navarro per questo spettacolo, promossi dal patrocinio dell’Ambasciata del Messico i due sviluppano un’idea sicuramente rischiosa, non è infatti facile mettere mano alla biografia di una donna di tale portata, e lo spettacolo riesce a soffermarsi sapientemente su alcuni tratti fondamentali atti a far comprendere il temperamento di Frida. Nello sciogliersi della messa in scena vi sono però degli squilibri, che arrivano come bruschi cali di quella che è un’idea sicuramente efficace e proiettata anche saggiamente. Ai momenti recitati si alternano delle coreografie su musiche dal ritmo istintivo, che si muovono fra l’amplificazione sensoriale e la praticità tattile degli strumenti a percussione riportanti note di primitivo, vicine alla visceralità e al contatto primo con la madre terra.

La danza, eseguita egregiamente, non si incastra sempre perfettamente nella narrazione. Sono momenti di alta dimostrazione tecnica e artistica posti all’interno della drammaturgia come dei ritagli, lasciando il senso delle cose spezzate. Come a scandire in atti gli episodi più salienti, la vita di Frida è infatti narrata in atti che si aprono con la sequenza sonora di gocce d’acqua prima di qualunque intervento sonoro o visivo. Questo gioco teatrale può funzionare, ma non in questo caso dove il rischio è di distrarsi da una trama che vuole essere piena e coinvolgente, dove le stasi e gli stacchi arrivano come forzati, quasi bruschi. Assieme alla danza, la vita di Frida viene raccontata avvalendosi del supporto di proiezioni delle opere della pittrice, che meglio non può essere espressa se non tramite i suoi quadri. Durante il racconto di alcuni dei momenti della vita della Kahlo, le tele si concretizzano in una rappresentazione che ci permette di comprendere l’evolversi della vicenda umana e la genesi di alcune delle sue opere. Nel percorrere la storia di Frida incrociamo la donna nella sua completezza, figlia, donna libera che preserva il senso materno, amica, amante, tendente all’indipendenza e protettrice dei legami.

La donna nella sua complessità, che tende allo sforzo e allo scioglimento delle sue ambiguità e di queste pure ne fa il perno e il fulcro della sua esistenza. Mancano dei momenti importanti, fra le citazioni, l’impegno politico ad esempio è uno di questi. L’attenzione e la partecipazione alle vicende politiche del suo tempo segnarono profondamente il vissuto artistico e umano di Frida, un impegno passionale tradotto nel pensiero della politica come educazione sentimentale. “Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo, con quel fuoco sono nata, pronta all'impeto della rivolta fino al momento di vedere il giorno. Il giorno era ardente. Mi infiammò per il resto della vita. Da bambina crepitavo. Da adulta fui pura fiamma.”

Per il resto, nel tessere la trama dell’esistenza, è citato quasi tutto. I vari episodi vengono trattati come accenni per non riportare una storia già sentita e riconsegnata in questo spettacolo con dei bellissimi fermo immagine. Qui le figure si vestono di spessore, si respira l’autenticità della materia che si è andati a trattare, si percepisce l’importanza dei personaggi e l’impegno che sicuramente è stato investito, a partire dai costumi, dalla scenografia mobile, dai giochi di luce che rendono giustizia alle ombre e alle figure. Il tentativo di metter in scena la sensibilità di Frida che spera di poter lasciare una serie di testimonianze di vita “alla potenza delle donne” riesce tanto bene nell’esecuzione della recitazione, quanto rischia di scadere nella qualità dei video proiettati, che a parte le opere della stessa Kahlo (selvagge, esotiche, dense, piene di tensione, espressione di dolore e forza) non rendono giustizia a una messa in scena che per come era partita prometteva un continuum alto. Infatti man mano che lo spettacolo procede, vi è questo alternarsi di momenti che turbano la linearità della trama, vi sono momenti di caduta o sequenze che andrebbero ripulite assieme alla conferma di scelte attoriali e registiche giuste. Visivamente permane però un gran bell’effetto, comunque le tele di Frida hanno il potere di suscitare e smuovere echi interni e la lettura accurata di alcuni suoi scritti fanno il resto.

Frasi, poesie, pezzi di lettere dove è espresso il dolore di una donna per le sofferenze fisiche date da un grave incidente dalle conseguenze limitanti, i numerosi patimenti amorosi dati da una relazione turbolenta e intensa con l’altrettanto famoso Diego Rivera, le notti bianche di Frida: “La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te.La mia notte è lunga, lunga, lunga”, il suo essere meticcia nell’anima. La rappresentazione ostacolata, necessaria di qualche ritocco, di una donna, la cui femminilità, personalità e estro artistico, meglio non si possono esprimere se non con le sue stesse parole è comunque riuscita. “Non rinnego la mia natura, non rinnego le mie scelte, comunque la si guardi sono stata fortunata nella vita. Molte volte nel dolore si trovano i piaceri più profondi, le verità più complesse, la felicità più vera. Tanto assurdo e fugace è il nostro passaggio per questo mondo, che l’unica cosa che mi rasserena è la consapevolezza di essere stata autentica, di essere la persona più somigliante a me stessa che avrei potuto immaginare.”

 

Erika Cofone
28 febbraio 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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