#Recensione dello spettacolo Il grande dittatore, in scena al teatro Eliseo dal 16 febbraio al 6 marzo 2016
"Il tuo silenzio, corpo maciullato/ha una voce, la voce di una causa/che non conosce morte, di un cammino/di libertà che non conosce soste./Oggi ti uccide il tradimento, eleva/le barricate di odio e di terrore./Ma la tua morte, che è la tua vittoria,/oltre i tanti altri corpi martoriati,/al di là delle sbarre del tuo carcere,/apre un varco per te, ti rende libero".
Così scriveva Charlie Chaplin in un quaderno di appunti, il tutto mentre in Spagna infuriava la guerra civile e restare in silenzio di fronte alla follia nazifascista che di lì a poco avrebbe attanagliato tutta l'Europa, non sarebbe stato affatto possibile.
Ecco, quindi, le basi, le origini e le fondamenta de "Il grande dittatore", il capolavoro di Chaplin datato 1940 ed entrato a pieno titolo nella storia del cinema mondiale.
76 anni dopo tutta la carica evocativa, ironica e satirica ad elevato impatto emotivo del primo film parlato del genio britannico, si è tramutata in uno spettacolo teatrale, in una vera e propria commedia musicale con l'adattamento di uno straordinario Massimo Venturiello - eccellente la sua performance nel doppio ruolo che fu di Chaplin e straordinario nel ricordarlo senza mai troppo imitarlo - con le musiche originali di Germano Mazzocchetti, la voce e le tonalità toccanti e appassionanti di Tosca per la regia di Giuseppe Marini e Venturiello stesso. Così Il grande dittatore, rivive in forma inedita e nuova presso il Teatro Eliseo, lasciando negli occhi e negli animi degli spettatori sensazioni ed emozioni che si tramutano in un continuo applauso e nei ricordi di tutti l'enorme importanza sociale e storica di cui l'opera è stata, per forza di cose, investita.
Partire dagli applausi finali, d'altronde, è il miglior modo per sottolineare l'egregia interpretazione del cast che tra melodie che sanno come e quando pizzicare le corde dei sentimenti e della riflessione e la recitazione perfetta, lascia trasparire e trasmette un messaggio che ancor oggi calza perfettamente sulla contemporanea società.
Il discorso in chiusura, indelebile nella mente di tutti coloro che hanno visto il film anche solo una volta, è la chiave ed il grimaldello che apre alla consapevolezza delle troppe ed inquietanti analogie che annerano e affollano la realtà odierna: una crisi economica che ricorda quella del ‘29, il crollo delle banche, l’inflazione, la disoccupazione e la depressione. L’incredibile attualità del monologo risplende ancora oggi come il vero inno alla libertà, all’amore e alla speranza, come fulgido esempio di coscienza impegnata, di denuncia politica e di condanna verso ogni forma di sopruso.
"La Storia - ha affermato il regista Marini in un'intervista - ci ha insegnato che ogni regime dittatoriale si avvale di una precisa e spiccata teatralità per imporsi e radicarsi. Teatralità di costumi, simboli, gesti, idiomi e il capolavoro chapliniano vuole essere, a mio avviso, una profonda meditazione sulla connessione, sempre perniciosa, poco affidabile e oggi più che mai di incontrovertibile attualità, fra teatralità e politica", connessione che bene viene rappresentata sul palco dove a farla da padrone, insieme agli attori, è l'imponente scenografia, mobile e sempre in continua evoluzione: girando attorno ai personaggi, essa gira anche intorno a se stessa, confondendo le forme e ridisegnando gli spazi in una danza del doppio che si congiunge nell'incontro di due facce della stessa medaglia. Ad alto impatto simbolico, la struttura ideata da Alessandro Chiti assume, verso la fine, durante il picco del pathos narrativo, la tristemente indelebile fattezza della croce celtica, divenuta emblema della follia umana.
Mai scimmiottato nè troppo imitato, Chaplin rivive attraverso le movenze, le espressioni, l'abilità e la vocazione attoriale di Venturiello che sorprende nel rievocarlo con la giusta delicatezza: "Potrebbe sembrare - ha osservato Venturiello - un’idea presuntuosa decidere di confrontarsi con un progetto di questa portata. Ciò che mi tranquillizza è il fatto che il Teatro, quello vero, non insegue paragoni, ma è materia viva, creativa, e questo lo distingue da qualsiasi altra forma artistica. C’è da tremare di fronte al genio di Chaplin allo stesso modo con cui c’è da tremare di fronte al genio di Shakespeare; l’approccio, a mio avviso, deve essere lo stesso. Forse la domanda più spinosa è “come” interpretare un ruolo, anzi due, che sono diventati un’icona del talento e della mimica chapliniana. Anche in questo il Teatro mi viene in aiuto".
A suon di note sul palco si alternano le immagini dell'ironica diatriba tra Adenoid Hynkel e Benzino Napoloni, la danza del "dittatore" che gioca con il mondo, giungendo al già citato “discorso all’umanità”, ancor oggi dolcissimo invito alla speranza oltre che riflessione tanto semplice quanto rivoluzionaria. L'allestimento teatrale conserva tutta l’ironia, il sarcasmo e l’irresistibile comicità della storica pellicola aggiungendo alla grandezza dell'opera un' importante protagonista quale la musica mentre dai testi e dalle parti cantate, impreziosite dalla presenza di un’artista come Tosca, si evince quanto studio, dedizione e amore ci sia stato da parte degli autori per questo progetto che lascia il pubblico convinto, soddisfatto e, soprattutto, emozionato.
Federico Cirillo
20 febbraio 2016