Martedì, 26 Novembre 2024
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Peter Pan Begins. Tornare bambini a 30 anni

#Recensione dello spettacolo Peter Pan Begins in scena al Teatro Studio Uno dal 18 al 28 febbraio

"Michele: Senti che lavoro, me n'ero dimenticato, che lavoro fai?
Cristina: Be', mi interesso di molte cose: cinema, teatro, fotografia, musica, leggo...
Michele: E concretamente?
Cristina: Non so cosa vuoi dire.
Michele: Come non sai, cioè che lavoro fai?
Cristina: Nulla di preciso.
Michele: ... Come campi?
Cristina: Mah... te l'ho detto: giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose."
(Michele e Cristina, Ecce Bombo, 1978)

I nuovi adulti degli anni 2000, quelli che si aggirano intorno ai 30 anni, sembrano essere una strana razza ibrida che in una città come Roma riescono a muoversi, loro malgrado, in universi paralleli meno paradossali e più sensati della realtà di tutti i giorni.

Colloqui aziendali, improbabili e pur possibili trasmissioni televisive, cliniche psichiatriche, set cinematografici dell'ultima ora, crisi adolescenziali... e tanta troppa nostalgia del passato dovuta forse non solo alla disillusione generale ma anche alla noia dilagante.
La compagnia dei Cavalieri Mascherati in un susseguirsi di schegge di contemporaneità mette alla gogna i tantissimi luoghi comuni della memoria individuale e collettiva di questo nuovo millennio fuori di sesto: la nostalgia per gli anni '90, Nanni Moretti, uomini e donne cinicamente gratuiti (e gratuitamente cinici), il futuro a tutti i costi senza futuro (e il peggio è che di punk c'è ben poco in tutto questo), la dichiarata guerra di entrambe i sessi all'Amore (triste riflesso di problematiche e paure più grandi) esemplificato nella celeberrima frase di uso corrente (ormai divenuta anche modo di dire) ma senza alcun senso "Ti ho lasciato per proteggerti da te... e da me", il game boy (e la sua accattivante irrealtà 8 bit bianco e verde), l'insicurezza, La Dolce Vita di Fellini, Hermann Hesse, il "non sentire" più (la vita?)... come se arrivare al traguardo dei 30 anni a cavallo tra II e III millennio metta talmente tanto in crisi (sarà che i nostri genitori a 30 anni facevano una vita talmente diversa dalla nostra... in realtà anche a 20) che come nel finale di 2001 odissea nello spazio totalmente disorientati, confusi e diciamo a chiare lettere ALIENATI non si può far altro che nostalgicamente desiderare di tornare bambini (non dico proprio nel grembo della mamma attaccati al cordone ombelicale e sospesi nel liquido amniotico, ma quasi).

Una messa in scena che punta all'essenziale, forse c'è un po' troppo citarsi addosso (ma è anche vero che siamo figli del trentennio di Tarantino che è un maestro in materia) ma al di là di questo le critiche sono ben mirate e comprensibili anche se non sempre condivisibili.
Un'ora e mezza di spettacolo, minuto più minuto meno, che si dipana veloce e ironico sotto gli occhi degli spettatori che ridono di se stessi e degli altri (sarà che il sarcasmo quando si rivolge al sociale rende tutti democraticamente ugualmente vittime), si rispecchiano, forse un po' riflettono... e alla fine, strano a dirsi, sembra che dall'apertura del sipario siano passati davvero solo pochi istanti.

 

Fabio Montemurro
24 febbraio 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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