Recensione dello spettacolo Piccole donne. Ovvero la storia di Meg, Jo, Beth e Amy, in scena al Teatro Portaportese dall'10 al 13 febbraio 2016
La trama della storia la conosciamo un po' tutti, cosa racconta l'Alcott nei suoi due romanzi più conosciuti. volendo o no, lo sappiamo. Ciò che colpisce di questo adattamento di "Piccole donne" e "Piccole donne crescono" è come a distanza di quasi un secolo e mezzo le tematiche trattate siano ancora attuali. Gli archetipi della formazione di un essere umano sono sempre gli stessi: cambia l'epoca, la/le guerra/e in corso e la/le moda/e ma di fondo le problematiche e i sentimenti umani sono sempre quelli.
Sul palco ritroviamo la madre saggia (Margareth), il padre idealista (Robert), la figlia anticonformista (Joseophine), la dolce e materna (Meg), la sensibile ed altruista (Elisabeth), la più piccola, vanitosa e viziata (Amy), la zia severa e irritabile (Zia March), il vicino di casa timido e innamorato che si rilega alla posizione di amico (Laurie)... e così via tutte le altre comparse più o meno importanti nel susseguirsi dell'epopea familiare che va a concretizzare davanti agli occhi dello spettatore (o del lettore) un vero affresco dell'America della seconda metà del XIX secolo. Una società come la nostra, contraddittoria e piena di problematiche, che se da una parte vuole restare attaccata al passato e alla tradizione dall'altra guarda già al futuro che a inizio 1900 si concretizzerà dapprima sui pulp magazine e poi nella realtà vissuta giorno per giorno.
Nonostante il racconto originale sia pervaso da una certa moralità questo adattamento lo scrolla via evitando il facile vicolo cieco del senso di famiglia tradizionalista e focalizzando l'attenzione sui sogni e le aspirazioni delle sorelle March, riportando sul palco sì Piccole Donne ma rinnovato e svecchiato da quella patina di tardo Romanticismo che letterariamente lo avvolge senza il bisogno di cambiare ambientazioni e periodo storico.
Michele Di Francesco riesce a fare un'ottima trasposizione teatrale senza tradire l'originale e la Compagnia degli Indie riesce a rendere al meglio e a caratterizzare i personaggi senza perdere però la naturalezza umana e la spontaneità che va sfumando quando uomini e donne nati sulla carta prendono vita nella finzione teatrale di tutti i giorni.
Fabio Montemurro
14 febbraio 2016