Recensione dello spettacolo Mano sul cuore andato in scena al Teatro Trastevere dal 2 al 7 febbraio 2016
Per quanto ci si sforzi, non esiste niente di più dissimile al mondo di un uomo e una donna. L’argomento è stato più volte oggetto di dibattito sociale, scientifico, antropologico, psicologico e matematico, come se il rapporto di coppia fosse frutto di un calcolo, che necessita di un’analisi in laboratorio per scoprire la formula esatta dell’alchimia tra due sessi opposti.
Messa così, sembrerebbe più una sintesi (banale) dell’amore ma… possibile che l’amore sia diventato un argomento così ridicolo? Per Claudia D’Angelo sì. È un ridicolo che si sposa con la leggerezza, la comicità, che mette a nudo l’amore per quel che è, indipendentemente dal senso e dai significati che vogliamo dargli. L’amore non è qualcosa di ben definito, secondo il vocabolario italiano è «affetto intenso, assiduo, fortemente radicato per qualcuno, che comporta anche attrazione sessuale». E dunque, se vogliamo attenerci a questa definizione, possiamo dire che la D’Angelo ci ha azzeccato in pieno.
Nel suo spettacolo Mano sul cuore l’attrice racconta con leggerezza e ilarità le sfumature che contraddistinguono la femmina dal maschio e viceversa, includendo nell’insieme anche le coppie omosessuali. Adesso, ci sono quattro modi di intendere l’amore: psicoanalitica (facendo un’analisi approfondita dei propri errori e imparando da questi ultimi), razionale (pressappoco uguale a quella psichica), cinica (consistente in una sorta di turpiloquio circa la considerazione del maschio adulto) e romantica (consistente nella visione celestiale e principesca dell’altro sesso). Tutte queste considerazioni fungono da intro allo spettacolo, che si apre con l’entrata in scena della D’Angelo con indosso un vestito verde menta alla Marilyn Monroe e una pelliccia bianca ballando sulle note di I Put a Spell On You. La location è quella di un pub notturno, con un bancone al centro, un barista intento a servire alcolici e altri due ballerini che accompagnano l’artista. A destra del palcoscenico è sistemato un leggìo; è qui che Claudia D’Angelo, tra uno sketch e l’altro, legge le sue poesie da cui prende spunto per discorrere dei temi quali il sesso anale, il dildo, il rapporto amoroso, con esperienze personali annesse e connesse, il bacio. E lo fa con una naturalezza sbalorditiva intinta di quella vena di comicità da far passare in secondo piano lo “scandalo” dei temi trattati. Il linguaggio è – letteralmente – nudo e crudo: una mano sul cuore, appunto, per dire la verità nient’altro che la verità. E se verità è sinonimo di scandalo verrebbe da pensare che, forse, proprio per questo al giorno d’oggi ci si nasconde dietro false parole, falsi gesti, falsi comportamenti o frasi di cortesia, se così fosse allora alla D’Angelo andrebbe riconosciuto il coraggio di venire fuori per ciò che si è e per quel che si dice, indipendentemente dalle conseguenze che possono sopravvenire.
Uno spettacolo dove si ride (tantissimo) e si riflette, dove ci si turba e ci si rilassa in un luogo caldo e accogliente come il Teatro Trastevere, e dove al termine si esce con la sensazione di aver fatto due chiacchiere con la vicina di casa o con la nostra o nostro miglior confidente.
Da gustare fino in fondo come un cioccolatino, con le note in sottofondo di Grace Jones, I've seen that face before (Libertango) e Feeling good.
Costanza Carla Iannacone
8 febbraio 2016