Recensione DAI 3 AI 93. UNA MERAVIGLIOSA INVENZIONE, in scena al Teatro Argentina il 5 e il 6 gennaio 2016
La si potrebbe definire di primo acchito un'antologia della Compagnia I Piccoli. E in un certo senso lo è stata ma all'interno di una storia più grande, quella della famiglia Podrecca.
Un famiglia per certi versi strana e anche affascinante. Vittorio, secondogenito dell'avvocato Carlo Podrecca, rampollo di una famiglia italiana che narra la leggenda fosse d'origine slava e il cui fondatore pare fosse l'uomo scimmia in un circo zigano, arriva a Roma negli anni '10 del '900 per laurearsi in legge. Ovviamente le sue aspirazioni erano ben altre. Si occupò di musica e spettacolo, divenne anche segretario del Conservatorio di Santa Cecilia, e nel 1914 fondò il Teatro dei Piccoli con la sua compagnia formata unicamente da marionette. Teste di legno è vero, ma non è detto che in queste teste non ci sia più sale di quanto non ce n'è in quelle di noialtri uomini di carne ed ossa.
La Compagnia di marionette I Piccoli attirò fin da subito intorno a se quelli che furono gli esponenti di punta del movimento artistico del neonato futurismo: Depero, Prompolini, Respighi... ed il successo fu immediato; prima a livello nazionale, poi a livello europeo e mondiale.
In Usa arrivarono tramite l'impresario di Chaplin che li aveva visti in Europa e lo stesso Charlie dichiarò che le marionette di Podrecca erano la cosa più poetica e bella dopo le comiche di Charlot. Anche Disney le vide e apprezzò profondamente dimostrando di essere uno dei pochi, oltre ai Futuristi italiani, a capire l'importanza di questo medium espressivo a metà strada tra il teatro e il nascente cinema d'animazione.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la compagnia fu costretta a rimanere per undici anni in America Latina dove realizzò i suoi ultimi importanti lavori.
Il dipanarsi della vita di Vittorio Podrecca, ricordato da tutti come "l'uomo impeccabile con il farfallino e i capelli pettinati all'indietro" è indivisibile dall'evolversi della Compagnia da lui stesso fondata. Un uomo attento e meticoloso che, oltre a svolgere un importate lavoro pubblicitario prima di ogni spettacolo (novità e inconsuetudine assoluta all'epoca), durante ogni spettacolo se ne stava in fondo alla sala ad osservare la scena; per poter limare di volta in volta il minimo dettaglio, per cogliere la sfumatura che l'avrebbe portato alla perfezione.
Testimonianze video, interviste di chi l'ha conosciuto, ha avuto a che fare con lui o l'ha studiato, spezzoni di cinegiornali dell'Istituto Luce (in barba a chi ancora sostiene che era solo un organo di propaganda fascista) e poi le marionette vere e proprie in azione.
In chiusura, un po' per nostalgia dei nonni e un po' per far vedere ai più giovani la perizia tecnica di questi artisti/artigiani, il pianista Piccolowsky e la soprano Sinforosa Strangolini.
Uno spettacolo per tutti che apre una finestra su un passato (arcadico) dove il teatro era davvero per "tutti", dove i bambini erano innocenti bambini, non le povere vittime ipertecnologiche senza un briciolo di fantasia del nuovo millennio, e gli adulti "rimanevano pur sempre, nel loro piccolo, un po' bambini"
Fabio Montemurro
7 gennaio 2016