Martedì, 26 Novembre 2024
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Gabriele Lavia e la realtà dei Sei personaggi in cerca d’autore

Recensione de i Sei personaggi in cerca d’autore, in scena al teatro Eliseo dal 5 al 24 gennaio 2016

Quando il 9 maggio del 1921 Luigi Pirandello mise in scena per la prima volta, al teatro Valle di Roma, i Sei personaggi in cerca d’autore, il risultato fu eclatante, la folla gridava al manicomio, all’assurdo. Quelle regole, che per secoli erano rimaste ben salde sul palco, erano state capovolte per mettere in scena una commedia, teatro nel teatro, che aveva lo scopo di spiegare al pubblico l’importanza di un’evoluzione nel fare teatro e nel riconsiderare il ruolo dell’attore, dell’autore e perché no anche del capocomico/regista.

Non un'opera qualunque quindi, ma l’opera! Così definì i sei personaggi in cerca d’autore Gabriele Lavia (regista e interprete del padre) quando lo incontrammo all’Eliseo un mese e mezzo fa'. Oggi ci ritroviamo davanti ad una fedele (tutto viene eseguito come elaborato dall’autore) mise en scène che a distanza di quasi cento anni continua a sapere di rivoluzionario, almeno a giudicare dalle espressioni stampate sui visi del pubblico in sala. Sul palco ventuno attori, magistralmente condotti da un Lavia che li fa muovere, fluttuare, come se questi si trovassero all’interno di un acquario. Quell’acquario che tenta di simulare la vita dell’oceano così come il palco tenta di simulare la realtà! La forza delle parole, solo quella riesce a portare le due correnti di pensiero, attori da una parte, personaggi dall’altra allo scontro ideologico. Ed è così che il vetro si rompe e con esso la quarta parete, i personaggi si riversano sulla platea, sfruttano, usano, tutto lo spazio a disposizione, si siedono perfino su di una poltrona per vedere quale affresco si sia andato a disegnare sul palco.

I movimenti degli attori sono perfetti e questa non è un’affermazione scontata. Assai raro è oggi vederne sul palco sì tanti e tutti in armonia fra loro. 

La scelta di Lavia di mantenere la voce fuori campo di Pirandello si rivela azzeccata. Il drammaturgo siciliano aveva deciso, dopo le prime repliche, di inserire delle spiegazioni così da far comprendere al meglio al pubblico quanto stava accadendo. Oggi, nonostante siano passati decenni, quella voce continua ad essere fondamentale, segnale che la platea non è ancora abbastanza matura da comprendere da sola i meccanismi di una così complessa storia?

Lasciamo questa domanda senza risposta. Per chi ancora non conoscesse la trama dell’opera, ci troviamo a teatro, durante l’allestimento dello spettacolo Il gioco delle parti dello stesso Pirandello. Durante le prove generali la compagnia di attori e il loro capocomico sono interrotti dall’improvvisa irruzione di sei personaggi… in cerca di un autore per l’appunto. Il disappunto e l’incredulità lasciano man mano spazio alla curiosità. I sei personaggi rivivono le loro storie, pensate da un autore che li ha abbandonati prima che questi fossero realmente vissuti. Si apre così un acceso dibattito fra attori e personaggi. Questi ultimi lamentano l’incapacità degli attori di saper veramente recitare le loro storie, non sono in grado di vivere appieno le emozioni provate dai veri personaggi. Ciò porta a snaturare tutto, l’opera stessa e quindi ciò che viene messo in scena rischia di perdere di significato. Quel suggeritore poi... A cosa dovrai mai servire un suggeritore? Ogni attore dovrebbe ricordare la propria parte a memoria!

Finzione, realtà, verità, invadono così la scena e il dibattito. Sei personaggi in cerca d’autore si configura in tal senso anche come un manifesto per un nuovo teatro, libero da suggeritori, da attori che non ricordano nemmeno le loro battute e dalla convinzione che tutto sia finzione: la realtà dei personaggi, deve, diventare verità per gli attori, questa sembra essere la chiave per la riuscita di un buon spettacolo. 

Tutta la sofferenza dei personaggi esce così allo scoperto. L’autore dà loro vita ma non possono vivere, anche se in eterno vivi, finché l’attore non si accosterà a loro. Qui la tragedia: l’attore non potrà mai dar vita loro realmente, i personaggi sono eterni perché immutabili nella loro essenza, ma non quando sono impersonati dagli attori la finzione non è la realtà, o meglio la loro realtà.

Le scene di Alessandro Camera sono quadri, affreschi della visione di un Pirandello che oggi sarebbe forse fiero di vedersi così rappresentato. Il tutto è reso ancor più armonioso dai costumi di Andrea Viotti e dalle musiche di Giordano Corapi. Gli attori, tutti, sono artefici di una grande performance. Gabriele Lavia è riuscito nel suo intento. I suoi personaggi hanno saputo parlare al pubblico ed aprire un dibattito che è continuato a lungo anche dopo la fine dello spettacolo.  Molto apprezzata anche la performance di sua figlia Lucia, nel ruolo che fu allora della madre, Monica Guerritore.

Se Giorgio Lupano, seduto davanti a noi, ha commentato la chiusura del sipario con uno “Spettacolone!”, noi non possiamo che limitarci a dire che quello visto è sicuramente lo spettacolo più interessante, pensante e coinvolgente visto in questa stagione: “Ma quale finzione, realtà! Realtà, signori, realtà!”.

 

 

Enrico Ferdinandi

8 gennaio 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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