Recensione dello spettacolo Vicini di stalla, in scena al teatro della Cometa dal 26 dicembre 2015 al 10 gennaio 2016
Frizzante commedia natalizia, dai toni canzonatori seppur mai banali e dalle tinte provocatorie ma leggere che va a svelare il retroscena dell’evento che più di ogni altro ha condizionato la nostra cultura: la nascita del redentore.
Così ci sentiamo di definire Vicini di Stalla, commedia scritta da Antonio Grosso e Francesco Stella che in questi giorni è in scena al teatro della Cometa. Già protagonista nel periodo delle feste nella scorsa stagione, al teatro de’ Servi, queste pièce torna a Roma certa di avere in tasca un buon indice di gradimento da parte della platea.
La storia narra di due pastori, ovvero di Corallo (Antonio Grosso) e di suo zio Armonio (Ciro Scalera), con al seguito l’inseparabile asinella Rosaria, con la quale Armonio instaura un rapporto che col tempo diviene sempre più morboso. I due dopo aver ucciso un console romano cercano riparo in una Betlemme sold out. Proprio così, negli ultimi tempi c’è stata grande richiesta, così si devono accontentare dell’ultima stalla rimasta. Peccato che la loro vicina, Sara (Federica Carruba Toscano), una meretrice, di notte fa un gran baccano e li costringe a lunghe notti insonni. A niente valgono le lamentele che i due avanzano al padrone delle stalle di quella zona, Rabbino Arcadio (Antonello Pascale).
Il tutto funziona, merito anche dell’alchimia che si crea fra gli attori sul palco e dell’uso dei dialetti. I due pastori parlano napoletano, così come Rabbino Arcadio che tenta invano di nascondere le sue vere origini. La scena è perennemente invasa da contaminazioni, da tocchi, di modernità, fin dall’inizio dello spettacolo. Dai rumori incestuosi della vicina Sara coperti da musica da discoteca, ai modi da guappo di Armonio che con nonchalance tira fuori dalla tasca un accendino per accendere una sigaretta, passando per l’abbigliamento dei quattro protagonisti a volte in linea con i tempi, proprio come nel caso dei pastori, a volte moderni, come avviene proprio per Rabbino Arcadio, tipico affarista traffichino dei nostri giorni.
La scena è semplice, una carriola che contiene tutti i beni dei pastori, qualche coperta, delle sedie e un tavolo, un po’ di cibo… e sullo sfondo un tulle sul quale viene proiettato il cielo stellato, l’elemento scenico più suggestivo e coinvolgente. La regia di Ninni Bruschetta riesce a rendere lo spazio del palco enorme, i movimenti degli attori sono sempre fluidi e attenti e con i giusti giochi di luci, in alcune scene, sembrano uscire fuori proprio da uno dei presepi di casa nostra.
La battuta nasce sovente dai giochi di parole e dai doppi sensi, il tutto senza mai scendere nella volgarità e “costringendo” così lo spettatore a mantenere sempre un elevato grado di attenzione per comprendere quanto detto.
Lo spirito, allegro e leggero, di Napoli invade così le strade di Betlemme. Se inizialmente i due pastori non comprendono il significato della Stella Cometa che si staglia nel cielo e che il biondino con cui hanno parlato più volte sul monte sia l’Arcangelo Gabriele, pian piano cominciano a rendersi conto che qualcosa di grande sta avvenendo. Nella loro stalla arriva una giovane coppia, poverissima, che dà alla luce un bambino chiamato Gesù. Ben presto in molti accorrono a portare regali di ogni sorta ai loro nuovi vicini di stalla. Almeno la cena è assicurata per lungo tempo. Ma sarà quando il Rabbino Arcadio dirà ai pastori di uccidere Gesù, per conto di Erode che i due saranno veramente chiamati a far i conti con la loro coscienza e quindi decidere che tipo di persone vogliono davvero diventare.
In questo groviglio di avvenimenti i novanta minuti dello spettacolo scorrono veloci, in maniera piacevole. Il risultato alla fine è uno spin-off teatrale della storia più nota dei nostri tempi, quella della natività di Cristo. Per tutto lo spettacolo si è circondati da citazioni, ammiccamenti alla storia principale, trovate comiche e come detto in precedenza doppi sensi, che rendono questa pièce intelligente ed in grado di far riflettere. La canzone di chiusura, Mad World di Gary Jules, rende bene l’idea di un mondo pazzo, dove un uomo per la sete di potere è pronto a far assassinare centinaia, migliaia di bambini. Come a dire che in duemila anni forse poi tanta strada dal punto di vista spirituale, in fondo, non l’abbiamo fatta.
Vicini di Stalla è uno spettacolo che innalza il livello qualitativo dell’offerta teatrale romana in questo periodo natalizio. Da vedere.
“Se tutte le stelle del mondo
a un certo momento
venissero giu'
tutta una serie di astri
di polvere bianca scaricata dal cielo
ma il cielo senza i suoi occhi
non brillerebbe piu'
se tutta la gente del mondo
senza nessuna ragione
alzasse la testa
e volasse su
senza il loro casino
quel doloroso rumore
la terra povero cuore
non batterebbe piu'
mi manca sempre l'elastico
per tener su le mutande
cosi' che le mutande
al momento piu' bello mi vanno giu'
come un sogno finito
magari un sogno importante
un amico tradito
anch'io sono stato tradito
ma non m'importa piu'
tra il buio del cielo
le teste pelate bianche
le nostre parole si muovono stanche
non ci capiamo piu'
ma io ho voglia di parlare
di stare ad ascoltare
continuare a far l'asino
di comportarmi male
per poi non farlo piu'
ah...
felicita'...
su quale treno della notte viaggerai
lo so...
che passerai...
ma come sempre in fretta
non ti fermi mai”.
Enrico Ferdinandi
27 dicembre 2015
informazioni
Vicini di stalla
26 dicembre 2015 - 10 gennaio 2016 al Teatro della Cometa di Roma
di Antonio Grosso e Francesco Stella
con Ciro Scalera, Antonello Pascale, Federica Carruba Toscano
regia Ninni Bruschetta