Domenica, 24 Novembre 2024
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Recensione di "Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine" al teatro dei Conciatori

Recensione dello spettacolo Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine, in scena al teatro dei Conciatori dal 24 novembre al 13 dicembre 2015

Ho capito l'arte contemporanea; o almeno, ho capito, finalmente, cosa si cela dietro le forme sparse, tagliate, descostruite e frastagliate di un determinato tipo di arte contemporanea. Questo è, in fondo, il senso profondo e puro di “Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine”, andato in scena fino al 13 Dicembre presso il Teatro dei Conciatori, piccolo sperimentale proscenio di ciò che in pochi istanti, diventa spettacolo anzi, arte appunto.

Quando poi l'arte stessa, nel suo più articolato e complesso palesarsi, mostra il suo profilo più intrigante attraverso quella lente d'ingrandimento che è il teatro, allora si può e si deve davvero parlare di sublimazione esplicativa dell'Arte.

 

E cos'è l'arte? Sembra chiederci questo spettacolo messo in scena da Luca De Bei e magistralmente interpretato dalla singola protagonista Margherita Di Rauso che, nel breve giro di un tagliente e perforante prologo, fa rivivere, anzi, lascia che riviva, come un'esplosione impulsiva d'istinto creativo, un genio artistico troppo a lungo relegato all'indifferenza di una realtà troppo presa a rincorrere l'estetica e non il profondo sentire: Louise Bourgeois, appunto, vera esteta delle sensazioni e dei traumi personali, della fragilità intima dell'essere e della psiche che si cela dietro un vissuto intenso, denso di emozioni contrastanti, di incubi che trovano luce, discendendo da un plumbeo cielo di cruda e dura realtà familiare.

Non capita spesso, insomma, di lasciare un teatro, in qualità di spettatori e di sentire la concreta sensazione di aver conosciuto ed essere entrati nell'intimo “io” di una donna straordinaria e nel suo vissuto tramutato in arte. Louise Bourgeois, Falli, Ragni e Ghigliottine offre allo spettatore proprio questo: una possibilità, unica, di sfogliare, esaminare e sviscerare da vicino la biografia di una caparbia anticonformista capace di introdurre nelle sue opere il suo passato, la sua vita. Il tutto con una disarmante lucidità.

Raccontare l'arte, insomma, attraverso il teatro. Narrare la biografia di un'artista attraverso quell'esperimento di realtà aumentata che è il palcoscenico: insinuandosi in un testo fuori dalla cronologia e dalla storia, serpeggiando tra le curve infinite di un'esistenza vissuta tramite sofferenze, abbandoni – celati o meno – e desideri di distruzione umana (paterna per lo più) espressi unicamente per mezzo del gesto creativo per eccellenza, la scultura appunto. Quindi ecco il genio: dare vita al disfacimento dell'essere umano, del padre e della famiglia (un'ideale di famiglia, almeno, distorto dalle vicissitudini quotidiane) per opera di ciò che dovrebbe creare vita da materia esanime. Il tutto condito da una tagliente ironia, da una vena sarcastica che, a mò di ghigliottina, taglia in due la sostanza, deforma i corpi, trasfigura gli arti e i movimenti: la madre, abile e instancabile tessitrice e “mutilatrice” di arazzi, diventa quindi un operoso ragno che trama con filo incrociato la sua labile psiche smarrita alla rincorsa di un dispotico padre, figura maschile che da riferimento si trasforma ben presto in corpo da mozzare, dilaniare ed eliminare. I “falli” infine, ultima sfida ironica e canzonatoria di una donna che nel corso della vita ha incontrato e frequentato molti fra i principali protagonisti della scena letteraria e artistica contemporanea, una vita di grandissima suggestione: attraverso queste pagine narrate con corpo e voce, con l'intento concreto di dare una forma a ciò che forma non ha più, si staglia l'immagine della Bourgeoise, forse la più celebre, ritratta in foto da Robert Mapplethorpe, che la “dipinge”, già settantenne, ma ancora nel pieno della sua vitalità (morirà a 98 anni e mezzo, quale ultima e audace sfida alla vita terrena), con una sua opera sotto il braccio, la sua “mon petite fille”, come era solita chiamarla, con la sua tipica irriverenza.

Se per Aristotele l'arte è la conoscenza che genera creazione, per la Bourgeois la vita stessa è furore artistico e tutta la sua arte non è altro che un susseguirsi di suggestioni, immagini, ed emozioni che scagliano, sezionano, tagliano, distruggono e quindi creano, dando, infine forma «a mani tagliate, corpi senza testa, ossa vestite di stracci, sfere perfette e fragili, corpi di donne imprigionate in case calzate come vestiti, totem, parti meccaniche, membra attraversate da spasmi, ampolle, celle, specchi, grate, fantocci, materie, falli, colori…». Da qui, da questo susseguirsi di creazioni, ecco il racconto della Di Rauso, ecco l'incarnazione ultima di Louise Bourgeois.

Federico Cirillo

15 dicembre 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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