Recensione de La Lupa, in scena al teatro Quirino di Roma dal 17 al 29 novembre 2015
Debutta in prima nazionale al teatro Quirino La Lupa, tratto dalla novella di Giovanni Verga edita per la prima volta nel lontano 1880. La regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Micaela Miano ben riescono a rendere al pubblico una storia attraenete e ancora attuale, ciò senza mai annoiare e mantenendo sempre alta l’attenzione del pubblico.
Come spesso avviene nelle opere di Verga, fra gli elementi principali di discussione vi è quella “roba” tanto desiderata per la quale si farebbe di tutto; ma la vera protagonista della novella è la Lupa, personaggio femminile diverso da quelli abitualmente descritti dal drammaturgo siciliano. Un personaggio sul quale ruota l’intera storia e che non poteva esser meglio interpretato che da una Lina Sastri artefice, in questa prima che coincide anche con il giorno del suo compleanno, di una grandissima performance. La sua Gnà Pina è una donna dura, decisa, vorace e affamata di nuove relazioni con altri uomini. Lei è diversa da tutte le altre paesane, la vita l’ha resa così, e per questo motivo tutti la guardano con distacco e diffidenza. Ha cresciuto da sola, con mille difficoltà, la figlia Mara (Eleonora Tiberia), ed ora che questa è grande si ritrova a vagare per i campi e per il paese a seguire la sua nuova preda, il giovane Nanni Lasca (Giuseppe Zeno). Quest’ultimo si approfitterà, almeno in apparenza, di questa debolezza nei suoi confronti della Lupa, per avere un suo beneficio.
Gnà Pina gli concederà, una volta rifiutata dallo stesso Nanni, di sposare sua figlia e lasciare loro ogni suo bene in dote. Un evento che segnerà le loro vite in quanto una predatrice come la Lupa mai rinuncia in maniera definitiva alla sua preda. Difatti continuerà nel corso degli anni a delimitare il suo territorio e condizionare gli spostamenti di Nanni e Mara, fino al tragico epilogo. Mara, inizialmente soave e pura, mostrerà la sua vera anima da "vipera", brava in tal senso Eleonora Tiberia a far notare quanto l'animo del suo personaggio sia mutato a causa del suo intricato rapporto con la madre; mentre Nanni acceccato dalla morsa della Lupa, preso da un'impeto d'ira darà libero sfogo al suo lato più primordiale e bestiale.
Bello l’affresco scenografico che Françoise Raybaud disegna sulla scena. Quella vista a sipario aperto, in particolare nei primi minuti, è la visione di una Sicilia che, per motivi anagrafici e geografici, pochi di noi hanno potuto conoscere e che altresì ben rappresenta i luoghi narrati nelle sue opere da Giovanni Verga. Visione altamente suggestiva. Ci ritroviamo davanti ad un campo di fieno, luogo di fatiche, dolori ma anche di piccole soddisfazioni e speranze per il futuro. Luogo dove i comuni mortali con “la capa china e la schiena curva” tutto il giorno faticano per quattro soldi convinti che il futuro possa dar loro qualcosa di più. Fulcro di questa vita è l’anziana Zia Filomena (egregiamente interpretata da Clelia Piscitello) dispensatrice di consigli e saggi racconti frutto di una vita passata a faticare e tirare avanti, ma sempre col sorriso sul volto.
Interessante il gioco luce-ombra, notte-giorno, sul quale si vanno ad intersecare i vari momenti di pace e guerra all’interno della storia, così come sono in armonia col tutto le musiche di Massimiliano Pace.
Una famelica Lina Sastri porta sulle scene la vera Lupa descritta da Giovanni Verga. Questa prima convince il pubblico del Quirino e siamo convinti che sarà così anche per le successive repliche.
Enrico Ferdinandi
18 novembre 2015