Sabato, 23 Novembre 2024
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Agnese di Dio: uno scontro fra Fede e Ragione senza vinti né vincitori

Recensione di Agnese di Dio in scena dal 6 al 18 ottobre 2015 al Teatro dei Conciatori

Ci sono tutti gli ingredienti di un romanzo di Edgar Wallace, ma quella di Agnese di Dio non è solo una crime story e se lo fosse lo sarebbe molto ma molto sui generis.

Agnese è una suora sui trentanni e fin qui tutto bene, ma che in una notte buia e tempestosa partorisca un bambino, No, non va per nulla bene.
Del padre del bambino non si sa l'identità e fin qui ordinaria amministrazione ma che il bambino venga trovato ucciso subito dopo il parto, No, non è per nulla normale, che poi non si sappia chi sia stato l'assassino e che si sospetti in padre ignoto, questo sì riporta nella sfera dell'ordinario.

 

Agnese sotto shock non ricorda nulla ma sopratutto non ne vuole parlare e quindi viene mandata nel convento una psichiatra, la Dott.ssa Martha Livingston, che dovrà decidere della colpevolezza dell'accusata e fare i conti con l'iperprotettività e le disillusioni di Madre Miriam (Ruth) col passato di Agnese e con se stessa.

John Pielmeier, autore nel 1979 della scrittura teatrale, mette a confronto tre donne appartenenti a tre generazioni differenti, le loro vite e le loro convinzioni instillando in ognuna di esse il dubbio che forse ha sbagliato e continua a sbagliare tutto. Il merito del testo sta soprattutto nel modo in cui ci rende accessibile l'inconscio di ciascuno dei personaggi, sia la parte esteriore e quindi il ruolo che ciascuno di loro riveste, sia il livello sotteso del loro subconscio e quindi di come l'emotività di ciascuna possa trasparire agli occhi del pubblico, sincere e solide per la forza delle proprie idee.

Madre Miriam è convinta della purezza di Agnese e mette in dubbio le pratiche psichiatriche della la Dott.ssa Livingston che a sua volta dimostra un'esasperata ostilità nei confronti della Chiesa mettendo in dubbio tutto, ma proprio tutto, ciò che predica e risolvendo qualsiasi fatto dell'esistenza umana e spirituale con una spiegazione rigorosamente logica. Agnese invece...Agnese ha paura di un mondo e di una vita che per troppi torti subiti fin dalla nascita non ha mai vissuto.

La cosa che colpisce di più non è tanto la storia in se (che già all'epoca della stesura non era una novità alla cronaca) ma la metamorfosi in media res dei personaggi che la consapevolezza dell'evolversi dei fatti e delle situazioni porta in fine a sovvertite totalmente il proprio punto di vista.

Come in ogni narrazione di questo genere alla fine si scopre che i cattivi non sono poi tanto cattivi e che i buoni, così tanto buoni come sembrano, non sono e dato che l'unico vero delitto in questo caso sarebbe svelarvi il finale. Vi basti sapere che, se avete scoperto che ne esiste una versione cinematografica non perdete tempo a guardarla, questa versione teatrale è decisametne migliore. In conclusione se credete che si tratti del solito biblico scontro tra purezza della Fede e cinismo della Razionalità vi sbagliate di grosso perché arrivati al bandolo della matassa non ci saranno ne vinti ne vincitori.


Fabio Montemurro

15 ottobre 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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