Recensione dello spettacolo Il bugiardo in scena al Teatro Quirino dal 13 ottobre al 1 novembre 2015
Come interpretare un testo del padre della commedia moderna se non ci si cala nei panni dell’innovatore vivace e ricco di espedienti? Il regista Alfredo Arias, argentino naturalizzato francese, può essere riconosciuto come tale, e promossa è anche la valida compagnia che si esibisce sul palco del Quirino.
Una brigata di artisti ben amalgamati e compatti, uniti dal chiaro intento di divertire e trasmettere al pubblico, riporta con spunti nuovi la trama de Il bugiardo di Carlo Goldoni.
La sala gremita per la rappresentazione dello spettacolo (in prima nazionale al Napoli Teatro Festival nel mese di giugno) verrà trasportata dalla sapiente regia di Arias in una Venezia settecentesca rappresentata da una scenografia semplice. Un fondale dipinge il Canaletto veneziano e due strutture in legno, delimitanti lo spazio scenico, rappresentano le facciate degli edifici, qualche sedia che gli attori sposteranno a loro piacimento ed ecco così realizzato un teatro artigianale, dove si respira l’impegno dei teatranti nell’immedesimazione di quei personaggi goldoniani che sono dei veri e propri tipi della letteratura teatrale.
La storia che si va ad allestire è semplice: due personaggi contrastanti, Lelio Bisognosi, il bugiardo, e Florindo, timido allievo del dottor Balanzoni. Il primo è sfacciato e borioso, dedito alla congettura di “spiritose invenzioni” come ama chiamarle lui stesso, alleggerendo verbalmente il peso delle menzogne. Il secondo è modesto e tendente a restare ai margini, innamorato di Rosaura primogenita del medico Balanzoni. Non osando però svelare i suoi sentimenti, il giovane allievo escogita oramai inusuali forme di corteggiamento per dichiarare il suo amore e la situazione, da qui in avanti, si fa subito avvincente. Dopo una serenata in maschera, di cui è autore Florindo, accompagnato dal suo fedele servo Brighella, fa il suo ingresso Lelio, figlio di Pantalone, onesto mercante veneziano. Uomo arguto, vissuto per lungo tempo presso uno zio a Napoli, Lelio fa ritorno nella città natale seguito dal suo servo Arlecchino, figura anch’essa giocosa, tutta balzi e saltelli.
Il nostro bugiardo ha subito l’occasione di imbattersi nelle figlie del dottore: Rosaura e Beatrice che in assenza del padre si godono la serenata di questo anonimo ammiratore. Colta l’occasione fortuita, Lelio, scapolo e Casanova convinto, si palesa come autore del romantico gesto per far colpo sulle due sorelle e inizierà, dopo le domande di queste ultime, a presentarsi sotto falso nome e con un fantasioso titolo nobiliare. Un’identità costruita e pomposa, frutto di una mente menzognera, la cui vivacità e capacità inventiva ispira più al sorriso che alla critica. Le bugie, però, ricorda lo stesso Goldoni: “sono per natura così feconde, che una ne suole partorir cento”. Infatti la commedia è un continuo ammatassarsi di storie inventate, la trama si arricchisce di colorite fandonie e raggiri, rocambolesche invenzioni e situazioni che si accavallano.
Il tutto, per quanto gestito egregiamente dal truffaldino Lelio, non reggerà a lungo. Le conseguenze di tutte le menzogne sporcheranno irrimediabilmente la sua immagine col marchio di bugiardo. Una commedia questa che desta riflessione, una riflessione adattabile anche in un contesto come quello contemporaneo, un’era di menzogna e camuffamento mediatico. La bugia è uno strumento che prima o poi si torce contro, pare dirci Goldoni, mantenendo sempre il piglio umoristico. L’alone ironico, infatti, non abbandona mai il testo, anzi, l’ironia è lo strumento goldoniano per eccellenza, la forma di comunicazione più efficace secondo lo scrittore del ‘700 che vede ormai scaduta e appassita la comicità. Pur iscrivendosi nel panorama della commedia dell’arte, Goldoni è portatore di una ventata fresca, artefice di un’innovativa riforma della scrittura teatrale, e sul suo esempio Arias porta in scena le maschere e le cadenze regionali, il dialetto veneziano, le battute napoletane.
Lo spettacolo si muove, quindi, fra la conservazione della tradizione, rilevata anche nell’uso dei costumi tipici, e l’innovazione, abiti anni 50 in una prima parte dell’opera vengono indossati con disinvoltura dalle due sorelle che solo dopo daranno spazio alle ampie gonne e ai corsetti. Fra gli espedienti di originalità viene, inoltre, posto al centro della trama uno stacco, un goliardico intrattenimento, dove il pubblico già coinvolto si vede inserito in un’informale conversazione fra artisti volta a mantenere alto il tasso di allegria e nel contempo offre ulteriori spunti di riflessione sul panorama odierno. Dopo la pausa artistica ci si riaffaccia alla storia.
Troviamo un Lelio con le spalle al muro che finirà per ammettere le proprie colpe e promettere anche di non mentire più. Ma proprio mentre la trama pare aver concluso il suo percorso ecco una risata che nella sua totalità si espande e riprende un carnevale che sembrava concluso. L’allegro bugiardo risponde con un elogio della menzogna che pare essere il rovesciamento di quel filone moraleggiante che andava tracciandosi o forse è il vero pensiero goldoniano, o meglio ancora la rappresentazione della contraddizione umana che si va ad inscenare. La contraddizione è una caratteristica tipica del nostro essere e, se rispettosa, è anche l’elemento più affascinante.
Quindi se è vero che la menzogna è cosa meschina e non giustificabile è vero anche che quell’esaltazione della bugia al pubblico è sicuramente piaciuta tanto. La sana bugia rende più vivace, intrigante, intrecciata, più colorata, più fantasiosa, stimolante e ricca di immagini l’altrimenti grigia quotidianità di questa vita. Per usare le parole di Geppy Gleijeses, protagonista della commedia: “Potremmo rimproverargli, che questa non è la realtà, che il mondo in cui vive non esiste, ma perché dovremmo richiamarlo a una squallida quotidianità, perché dovremmo trattenerlo attaccandoci ai suoi piedi ed impedirgli di prendere il volo? Va Lelio e divertiti anche per noi,nel mondo del teatro tutto è possibile.”
Erika Cofone
18 ottobre 2015
informazioni
Geppy Gleijeses
Marianella Bargilli
con la partecipazione di
Andrea Giordana
in
Il bugiardo
di Carlo Goldoni
adattamento di Alfredo Arias e Geppy Gleijeses
con Lorenzo Gleijeses Mauro Gioia
e con Valeria Contadino Luciano D'Amico Luchino Giordana
scene e costumi Chloe Obolensky
musiche originali Mauro Gioia
luci Luigi Ascione
regia Alfredo Aria