Recensione di Borges Piazzolla in scena al Teatro Quirino l'8 e il 9 ottobre 2015
“Io direi che il tango e la milonga esprimono in maniera diretta qualcosa che i poeti, molte volte, hanno voluto fare con le parole: la convinzione che combattere può essere una festa (…) senza mondo senza un tesoro comune di memorie e vocabili attraverso il linguaggio non ci sarebbe certamente letteratura, ma la musica prescinde il mondo, potrebbe esistere la musica e non il mondo. La musica è volontà è passione; il tango antico, in quanto musica, suole trasmettere in maniera diretta questa bellicosa allegria”.
(Jorge Luis Borges)
Con Borges Piazzolla Giorgio Albertazzi rende omaggio a uno dei più noti scrittori argentini e al grande musicista d’avanguardia Astor Piazzolla. L’incontro tra i due artisti, avvenuto negli anni sessanta, segnerà un momento fondamentale della loro vita (e nella cultura letteraria e musicale del tempo), a compimento di due percorsi legati indissolubilmente da un unico afflato: il tango.
Quello di Piazzolla è diverso dal tango che conoscono tutti poiché incorpora elementi presi dalla musica jazz e fa uso di dissonanze e altri elementi musicali innovativi che non venivano utilizzati nel tango tradizionale. Dal canto suo, Jorge Luis Borges considerava il tango la realizzazione argentina che meglio ha divulgato il nome del suo paese nel mondo. Il legame tra i due diviene istintivo e inscindibile, tant’è che non si riesca ad ascoltare o leggere l’uno senza che l’immaginazione lo completi con l’altro. Borges Piazzolla è questo ed altro.
Lo spettacolo è un susseguirsi di emozioni, parole, musica con cui Albertazzi decanta il grande poeta argentino; i versi di Borges prendono vita attraverso la voce del più grande attore e sceneggiatore italiano accompagnate dalle ballate di una splendida di Mariangela D’Abbraccio. Dal connubio di questi due interpreti nasce così una meravigliosa opera che rende onore, non solo al poeta argentino e lo strumentista Piazzolla, ma al teatro vero e proprio inteso nel senso più ampio del termine.
Al centro della scena un pianoforte, un contrabbasso, una chitarra, un violino e una fisarmonica che fungono da pentagramma alla poesia di Albertazzi (alias Jorge Luis Borges) e note per le melodie malinconiche, romantiche e struggenti della D’Abbraccio. Lo spettacolo si snoda tutto in penombra, intervallato da monologhi che raccontano (attraverso l’io di Giorgio Albertazzi) la vita, i sogni, le paure, le opere del poeta argentino, e dai testi e le musiche di Mariangela D’Abbraccio che rendono ogni minuto della scena magico e seduttivo (Balada para un loco, Che Tango Che, María de Buenos Aires, Balada para mi muerte, Oblivion, Los paraguas de Buenos Aires, Rinascerò, Vuelvo Al Sur, Vamos Nina, Années de solitude, Libertango).
Assieme a Giorgio Albertazzi e Mariangela D’Abbraccio, sul palco ci sono anche cinque eccellenti musicisti: Fabrizio Siciliano al pianoforte, Raffaele Toninelli al contrabbasso, Luca Pirozzi alla chitarra, Alessandro Golini al violino e Gianluca Casadei alla fisarmonica. La regia è a cura di Francesco Tavassi.
«Perché saper fare poesia è saper fare anche musica, altrimenti che poeta sarebbe chi non riesce a produrre alcun suono con le parole?»
(Giorgio Albertazzi).
Costanza Carla Iannacone
10 ottobre 2015