Recensione dello spettacolo 887 in scena al teatro Argentina di Roma dal 23 al 26 settembre 2015
887, un numero che potrebbe significare qualsiasi cosa ma, per il creatore teatrale Robert Lepage, ha un valore profondo, e può voler dire solamente “casa”.
Nel suo ultimo spettacolo, il regista canadese, nonchè interprete stesso della piéce sale sul palco del teatro Argentina nella sua prima italiana e parla direttamente al pubblico spiegando che lo spunto che lo ha portato a scrivere 887 riguarda la sua difficoltà a memorizzare la poesia Speak White, scritta da Michèle Lalonde nel 1968.
È quindi la memoria il suo punto di partenza: oggi non siamo più in grado di ricordarci il nostro numero di telefono, i compleanni degli amici, o gli appuntamenti della settimana, tanto che ci affidiamo sempre al nostro amico smart-phone. Come fare quindi a ricordare? Egli cerca un metodo antico, il palazzo di memoria, in cui basta pensare ad un posto che conosci bene, ed assegnare alle stanze al suo interno quelle cose che si desidera richiamare alla mente.
Il suo palazzo di memoria risiede proprio all’887 di Murray Avenue, la casa dove visse dal 1960 al 1970, gli anni di "Quiet Revolution" nel Quebec, gli anni della riforma economica e della spinta graduale verso l'indipendenza.
È proprio tramite il suo smart-phone che Lepage apre gli schermi posti sul palcoscenico per far apparire la sua casa dell’infanzia in un modello 3D, che lascia senza fiato il pubblico non appena inizia ad animarsi con i racconti dell’attore e gli inquilini del condominio, tramite escamotage tecnologici sopraffini: il suono, la luce, le immagini cinematografiche, pupazzi, bambole, modellini in scala che attraversano il palco su rotaie e costruzioni di edifici che cambiano aspetto di volta in volta, simulando differenti luoghi.
Utilizza la tecnologia per migliorare e valorizzare il suo approccio potente, seducente ed ironico alla narrazione.
I suoi ricordi fungono da pretesto per portare il pubblico a riflettere sulla storia e sulle vicende politiche del Canada e del movimento per l'indipendenza del Québec: si passa dalla battaglia del generale Wolfe nel 1759 al presidente francese Charles de Gaulle nel 1967, fino ad arrivare ad oggi, nel suo appartamento del Ventunesimo secolo, dove l’attore cerca di imparare la poesia Speak White.
Questa, recitata a conclusione dello spettacolo sotto un cono di luce bianca, assume le sembianze di un grido di rabbia contro la soppressione anglofona della lingua francese. La sua voce è appassionata e allo stesso tempo piena di collera, Lepage ci mostra che si può trarre forza dagli eventi del passato, per non ripetere più quegli errori.
Dimenticare un numero di telefono diventa, quindi, un artificio del regista per far riflettere sull’importanza di non dimenticare la nostra storia e le ragioni delle battaglie del passato, perché solo quando sappiamo chi siamo possiamo dire ciò che conosciamo, come nel caso di Lepage, una poesia a memoria.
Come accade solitamente degli spettacoli di Robert Lepage, la vicenda si svolge nel presente, si rifà ad un eveto reale, al raduno per celebrare il 40 ° anniversario del movimento di poesia Quebecois, ma poi viene travolto, trasformato e ricreato, perché come afferma lui stesso in un’intervista “Quando ho cercato di ricordare la poesia, non mi sono ricordato solo il testo, mi sono ricordato tutte le cose che sono successe nella mia vita in quel periodo... Ti ricordi il ricordo di un ricordo di un ricordo".
Il pubblico è rimasto catturato dal livello di intimità espresso dall’attore, unito alla magia tecnologica sapientemente utilizzata con l’aiuto del suo team.
Alessia Fortuna
24 settembre 2015