Fa il suo ritorno a Roma dopo ben dieci anni di assenza il teatro Zingaro di Bartabas, questa volta non all'ippodromo di Tor di Valle come nel 2005, bensì al Teatro Costanzi. Una scelta insolita, che potrebbe facilmente destare qualche dubbio, ma come ha tenuto a precisare Carlo Fuortes, sovrintendente teatrale, durante la conferenza stampa del 22 luglio tenutasi all'interno del Costanzi : <<Bartabas non fa un teatro di parola, fa un teatro di visioni, di danza, di musica, che è esattamente quello che si fa qui tutti i giorni con l'Opera. Dunque una scelta assolutamente in linea con il resto del programma. Ovviamente si tratta di teatro contemporaneo ma vi renderete conto che il teatro è quasi il luogo ideale per ospitare questo tipo di spettacolo. C'è una continuità rispetto a tutto il resto che viene fatto giornalmente.>>
E se ciò non basta a chiarire le perplessità, Bartabas aggiunge: <<Il teatro non è un luogo dove abitualmente ci si aspetta di vedere un cavallo. Due anni fa con la mia accademia ho realizzato un progetto in una cattedrale. Quello che mi piace di più del teatro è che si possono vedere da vicino dei dettagli che non si possono vedere di solito in un ippodromo o in luoghi così dispersivi>>.
Il teatro Zingaro esiste da più o meno 30 anni ; si tratta di una compagnia di circa 45 persone, 40 cavalli, che ha sede fissa nel Fort d'Aubervilliers, vicino Parigi e che gira con il suo chapiteau in tournée per la Francia e all'estero. I cavalli sono la passione del grande regista francese da quando aveva sette anni, e come egli stesso ha ammesso, ad oggi per lui sono diventati nel senso nobile del termine "uno strumento": << Paragonerei il rapporto che che ho io con i miei cavalli a quello che ha un violinista con il proprio violino >> . Bartabas tiene a sottolineare che il suo intento con il Théâtre équestre Zingaro non è quello di mostrare dei cavalli, in quanto si possono vedere dappertutto, ma mostrare il rapporto fra uomo e cavallo e quello che uomo e cavallo possono creare insieme. Uno spettacolo interessante già solo considerando questi aspetti, ma dietro la realizzazione di Golgota c'è molto di più:
<<Quello che mi interessava di questo progetto era sia lavorare con Andrés Marín, coreagrafo, e sia di poter lavorare sulla musica di Tomás Luis de Victoria, compositore rinascimentale. Si tratta di uno spettacolo basato su una musica gregoriana ad una sola voce, nella solitudine del controtenore che canta accompagnato dal liuto, l'antenato della chitarra, ritrovando in qualche modo le origini del flamenco. Luis de Victoria è stato uno dei primi compositori che ha portato la musica strumentale all'interno delle chiese. Quello che è il tema principale dello spettacolo è la ritualità nel teatro ed è quello che faccio da trent'anni con la mia compagnia e secondo me il primo rituale teatrale creato dall'uomo è quello religioso. Con Andrés Marín ho lavorato su tutti i riti, le forme rituali religiose classiche, quest'aspetto mi interessa molto. I primi ricordi che ho di teatro risalgono a quand'ero bambino, ricordo di aver assistito ad una messa quando avevo 5 anni. Anche se a quell'età non si capisce bene cosa stia accadendo, si capisce che c'è un rito. Si parte sempre dalla musica e quindi il mio lavoro è basato sulla musica. Quello che mi interessa di questa musica in particolare è il silenzio che la segue. C'è una percezione della musica che si rivela nel silenzio che la segue e ho chiesto ad Andrés Marín, di danzare su questi silenzi. Ho poi proposto ad Andrés quello che è un po' un colmo per un ballerino di flamenco: ballare a piedi nudi nella sabbia, che vuol dire togliere ad un ballerino di questo genere il 50% delle proprie possibilità. Il controtenore, un cantante magnifico, ci ha messo molto a capire perché era particolarmente emozionato da quest'opera, nonostante avesse sentito molte volte i canti gregoriani. La verità è che è abbastanza raro ascoltare dei canti gregoriani ridotti per una sola voce, e questo ci porta a trovarci in uno stato di solitudine profonda che non ritroviamo per esempio nelle polifonie. La regia dello spettacolo è pensata come un rito molto semplice, dove il ruolo di ognuno è un po' quello di officiare una messa, piuttosto che una recitazione. Quando ho concepito questo spettacolo con il coreagrafo mi sono ispirato un po' alla storia di due bambini che si nascondono in un luogo magico e che giocano con quello che si trova in una chiesa. Ci sono anche dei punti umoristici, che ci riportano un po' alla corte di Spagna. Per le luci, invece, mi sono ispirato molto a quella dei quadri dei pittori come Tintoretto e i grandi maestri italiani".
Golgota è dunque teatro di uomini ed equini, di visioni, di musica, danza, silenzi, ritualità, introspezione e umorismo. Sarà possibile assistere a tutto questo dal 23 al 27 luglio 2015 al Teatro Costanzi, ore 21.00.
Valentina Gargano
26 luglio 2015