Recensione dello spettacolo 196. Un Crimine Quasi Perfetto in scena al Teatro Studio Uno dal 10 al 14 giugno 2015
"...I sei poveri negretti
giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar... "
(Agatha Christie , And Then There Were None, 1939)
Sei individui in una stanza attendono che accada qualcosa o che arrivi qualcuno...ma ,a lungo andare, non accade ne arriva nessuno. Iniziano a farsi domande sul perché e scoprono che ognuno pensava che tutti fossero lì per lo stesso motivo mentre ognuno di loro è lì per un motivo diverso dagli altri.
Un incipit che non promette niente di buono (per le vittime) e infatti inizia uno psicodramma collettivo dove 4 donne e 2 uomini sono costretti pian piano a svelarsi per quello che realmente sono, ad abbassare la guardia, a calarsi nelle torbide acque dei loro incubi e a togliere la maschera che portano fuori per la strada tutti i giorni, ammettendo davanti a se stessi la propria condizione e il proprio essere e davanti agli altri i "veri" motivi che si celano dietro il trovarsi in quel luogo.
Di sei vittime, una sicuramente mente.
Una voce dal nulla lancia indizi e fa indovinelli, compare,scompare e ricompare una pistola, la tensione sale, tutti possono essere traditori di tutti, uno ad uno i prigionieri cominciano a scomparire portati via da mani celate nell'oscurità e i nervi pian piano si logorano e tutto cede.
Una forchetta, Walt Disney, Il Pianeta delle Scimmie, i lemuri, il gelato Molecolare...il numero 196; dove portano questi indizi, quale sarà il punto di contatto? Quale quello di Fusione?
Sei vite sospese sul baratro del proprio inconscio, sei comunissime persone che sembrano non avere nulla in comune, eppure...Sei anime (con)dannate ferme sulla spiaggia del Limbo in attesa che Caronte le traghetti verso il loro destino: un crimine quasi perfetto, un delitto a -196 °C.
Un puzzle costruito con estrema perizia dove ogni pezzo alla fine va ad incastrarsi quasi senza problemi nel punto giusto, dove attrici ed attori non fanno uso solo della parola e della mimica facciale ma anche della loro fisicità e presenza scenica.
Una narrazione che si chiude con diversi colpi di scena, dove la crime story ribadisce la sua natura ibrida di trans genere ricordando e rimandando nel finale ad infiniti ed altri delitti.
Fabio Montemurro
15 giugno 2015