Recensione Absolute Beginners in scena al Teatro Due dal 14 al 15 maggio 2015
"Se noi ombre vi siamo dispiaciuti,
immaginate come se veduti
ci aveste in sogno, e come una visione
di fantasia la nostra apparizione.
Se vana e insulsa è stata la vicenda,
gentile pubblico, faremo ammenda;
con la vostra benevola clemenza,
rimedieremo alla nostra insipienza.
E, parola di Puck, spirito onesto,
se per fortuna a noi càpiti questo,
che possiamo sfuggir, indegnamente,
alla lingua forcuta del serpente,
ammenda vi farem senza ritardo,
o tacciatemi pure da bugiardo.
A tutti buonanotte dico intanto,
finito è lo spettacolo e l’incanto.
Signori, addio, batteteci le mani,
e Robin v’assicura che domani
migliorerà della sua parte il canto."
(William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate, 1600)
Principianti al principio di qualcosa, che è il cammino solitario attraverso l'oscurità delle tenebre che porterà, inesorabilmente, alla luce del luogo di (ri)fondazione che inevitabilmente ognuno porta con se, dentro di se.
Un esplorare lo spazio esteriore che diviene una ricerca nello spazio interiore; una ricerca dell'essenza di se stessi e della/e chiave/i di interpretazione della realtà contingente esterna, un po' come aprire la porta e varcare la soglia della quarta dimensione infilando nella toppa della serratura un nastro di Möbius.
Il tempo va fuor di sesto; perde ogni riferimento e l'ordine di successione degli eventi non segue più un percorso lineare ma passato presente e futuro si incontrano scontrano annullano sovrappongono.
Metafora diviene il susseguirsi lungo linee invisibili, eppure tangibili, delle tessere del Domino. Metafora diviene la casa costituita dalla sequenza di tessere allineate e sovrapposte. Metafora di questo “Mutatis mutandis” diviene il continuo crescere esplosivo e regredire implosivo di questa simbolica Casa Usher dettato dal capriccio, dalle alleanze, dai dissidi dei componenti di una famiglia separata all'interno del suo stesso nucleo da tangibili eppure invisibili correnti di incomunicabilità.
Ci si sente (e si diviene) “esuli”, “stranieri in terra straniera” (avrebbe detto Robert A. Heinlein), lì dove la terra straniera è la propria casa, il proprio ambiente, la propria terra natia... e così si diviene bisognosi di un cambiamento radicale, dovuto allo sguardo critico sviluppato osservando “il resto” dal nuovo punto di vista nel quale ci si è ritrovati.
Partendo da questa spinta propulsiva si inizia la ricerca del cammino che porta altrove (dentro e fuori di noi) dove si trova il luogo, il punto dal quale dare inizio a un nuovo corso anche se alla fine di tutto ascoltando il ritmico incalzare del nostro respiro potrà sembrarci di aver vissuto semplicemente un vivido ma strano sogno.
Fabio Montemurro
16 maggio 2015