Lunedì, 25 Novembre 2024
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Gli affari del Signor Moralek - Polacchi, al teatro Spazio Uno

Polonia, 1981, in pieno regime sovietico ma con lo sfondo l'avvento, lo sviluppo e l'irruente forza socio-culturale del fenomeno Solidarność, Zbigniew, Pavel e Vitek, in trasferta a Londra, in meno di un mese devono ristrutturare l'appartamento del signor Molarek: un funzionario, o meglio, un burocrate intrallazzatore del Ministero dell'Industria di Varsavia. I tre viaggiano con documenti falsi e senza permesso di soggiorno. Nonostante l'alto rischio, accettano sapendo che la loro ricompensa al rientro sarà una bella casa e il tanto desiderato orologio di marca. Insomma, una storia, una trama semplice come molte e d'altronde questo è quanto lo spettatore sa: tre operai che, per soldi e per evadere anche solo per un attimo, dalla loro monotona e grigia vita di fabbrica, si allontano dalle vicende che segneranno un importante e profondo pezzo di storia della Polonia, forse illudendosi un po' di poter scappare dalla realtà. 

 

Eppure ciò che gira intorno, ciò in cui essi sono calati e in cui si ritrovano, talvolta anche loro malgrado, li riporta in costante parallelo con i fatti in corso a Varsavia: i litigi dei tre, che tengono sospesa l'opera tra il drammatico e la commedia, tracciano perfettamente il clima di tensione di quegli anni; Zbigniew e Pavel altro non sono che l'emblema stesso della rivolta soppressa, sempre lì pronti ad esplodere e a tracciar le proprie leggi e i propri desideri di rivalsa e sempre, poi, messi nuovamente spalle al muro a quelle stesse pareti di vita vera che hanno, con il sudore stuccato e dipinto. Pareti che trasudano dei loro sforzi, delle loro paure, dei loro sogni, desideri, angosce, rabbia e frustazioni, immagine, loro due, di una Polonia che, comunque ne uscirà sconfitta. Vitek, invece, è l'altro lato, colui che accetta il lavoro senza obiettare, spinto anche dalle mire materialistiche e poco nobili della compagna con la quale mantiene sempre un rapporto epistolare che esce dalla dimensione reale per entrare in quella scenica del surreale. Vitek lo fa, perchè deve, vuole finire il lavoro perchè sa che è quello per cui è stato mandato e si arrangia, con mezzi di fortuna per non ritrovarsi schiacciato nè da un lato nè dall'altro per poi, messo anche lui alle corde dall'opprimente gioco del potere, inginocchiarsi e, seppur accecato dalla rabbia, ingoiare il rospo e, meschinamente, salvarsi la pelle a discapito degli altri due. Quindi Moralek, personaggio evanescente che però pesa, invisibile che comunque c'è, come i suoi loschi affari: ed eccolo l'altro parallelismo. Moralek è il potere che comunque se la cava, che inciampa, forse, ma non cade anzi, ne esce ancor più vincitore e con il doppio di quanto ha perduto: quegli affari appena citati e la donna di Vitek, manipolata dal denaro e manipolatrice per denaro. Infine il pubblico, silente osservatore, che prende coscienza dei fatti ma non interviene, non può e non vuole, soprattutto, proprio come l'Occidente guardò la repressione sanguinosa del generale Jaruzelski e della sua legge marziale. La similitudine tra il luogo chiuso e disastrato dove vivono e lavorano e la Polonia è fortissima e i lavori nell'appartamento londinese avanzano di pari passo con l'aggravarsi della situazione in patria, conditi con siparietti divertenti. 

Insomma, tutta la Polonia di Solidarność racchiusa in quest'opera, un pezzo di sogno e di illusione di Lech Wałęsa, riportata a teatro 34 anni dopo tutti i fatti e che, alla fine, hanno lasciato un po' di mesto amaro in bocca, un po' come la prima ed unica visita di Zbigniew e Pavel, in un impeto di sacrosanta ribellione, alla City britannica che pare vogliano dire, sconsolati: "così è la vita".

 

Federico Cirillo

 

20 maggio 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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