Lunedì, 16 Settembre 2024
$ £

Eneide di Krypton. Giancarlo Cauteruccio: una raucedine disperata per rifondare

Recensione dello spettacolo Eneide di Krypton. Un nuovo canto in scena al teatro Argentina dal 21 al 23 aprile 2015

Era il 1983 quando un giovanissimo Giancarlo Cauteruccio partoriva “Eneide di Kripton”, plasmando un nuovo archetipo di ricerca teatrale: quello che apriva le porte a una  stagione epica avanguardistica. Il succulento pasto preparato allora, imbandiva la tavola con singolari pietanze: proiezioni video, musica rock, laser, corpi vibranti e tanto altro. Fu il trionfo del post moderno. Fu il trionfo del teatro d’immagine.

Tornare su questo lavoro (possibilità resa grazie a una brillante operazione di crowdfunding) è stato per il regista “come riavvolgere il nastro di un’esperienza vissuta, come riesumarne le tracce, comprenderne meglio il senso, fare il punto, fermarsi e ripartire”. Per questo l’orizzonte da cui emerge “Un nuovo canto” non è una deadline, ma un punto di raccordo sulla rotta tracciata trent’anni fa. 

 

Così la musica che era stata scritta dai nascenti Litfiba, torna a scandire anche questa versione, grazie a Gianni Maroccolo (coadiuvato da Antonio Aiazzi e Francesco Magnelli). A non tornare è invece la corporeità dei danzatori, a cui si è sostituito proprio Cauteruccio, “ubiqua” figura celata nell’ombra. È lui a declamare e a cantare con raucedine disperata le tappe salienti dell’epopea di Enea. È lui a impugnare con impaccio una lancia fluorescente che fende la scena pervasa dai laser. È lui, pesato da un corpo goffo, a vestire i panni di un direttore d’orchestra e a dilettarsi a veicolare le proiezioni che fanno via via affiorare i luoghi del mito e quelli dell’anima (come lo struggente “temporale” di petali purpurei, suicidio immaginifico di Didone).  

A chi invece è affezionato al ritornello del “tutto già visto”, provi a sintonizzarsi, ad esempio, sulle candide frequenze delle parole pronunciate da Didone sull’ospitalità. Un modo unico e denso (così lontano dagli abusati strilli giornalistici o dai proclami pseudo-politici), che guarda alla sacra ritualità, per parlare di accoglienza e tolleranza; per affrontare cioè il problema del confronto con lo straniero, mai tanto urgente come nei giorni in cui il Mediterraneo non smette di tingersi di rosso (è di qualche ora fa l’ecatombe di più di 700 emigranti presso le coste libiche).   

Ed è proprio il misurarsi con il caleidoscopico mondo odierno, che spinge questa aggiornata “Eneide di Krypton” a riconfigurarsi come un viaggio dell’anti-eroe, dove l’ingombro del fisico e il sillabare un’elegia dai toni lancinanti non sono sintomi di una resa. Sono anzi un atto di flessione, di umiltà sincera che ha la forza di persuadere che non è tempo di imprese gloriose. È solo l’ora di recuperare un germoglio di sacralità per erigere un nuovo mito fondativo e rigenerativo, un nuovo percorso volto a costruire e non ad annientare, un’idea di teatro capace di vivificare le istanze del presente.     

 

Leonardo Livati

 

25 aprile 2015

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori