Recensione de Amletó - gravi incomprensioni all'Hotel Du Nord in scena al Teatro La Comunità dal 19 febbraio al 19 aprile 2015
Amletó - gravi incomprensioni all'Hotel Du Nord. L'histoire che “va continuer” negli abissi teatrali di Giancarlo Sepe
La storia di Amletó ha inizio con le vicende di suo zio Claudio antecedenti la nascita del principino. D'altronde, prima dei fattacci che conducono il giovane tormentato verso il più amato degli intrighi teatrali, c'era un altro prima, e di nuovo un altro, all'infinito.
La pièce va oltre le innumerevoli rappresentazioni del dramma, è in grado di arricchirlo con un passato da non trascurare e una versione dei fatti in molte occasioni ribaltatrice di significati, creazioni che innescano nello spettatore la curiosità di scoprire che altro si può sapere del più sviscerato dei protagonisti shakespeariani. Ed ecco che Sepe ci fornisce un assassino vittima della situazione prima che lo divenga il povero nipote.
Si parte dunque con un inizio coreografico: lo spettacolo è un'incessante concatenazione di quadri viventi. Poi, le rivelazioni: Claudio, un usurpatore. Gertrude, una conturbante seduttrice dai toni quasi bondage. L'irrequieto protagonista, co-protagonista per l'occasione insieme all'inedito zio, è il più tenero degli Amleti, affascinato da un'Ofelia dolce e trasgressiva cresciuta nel quartiere malfamato di un perfido arrondissement, tra le pareti dell'Hôtel du Nord, albergo-bordello intorno al quale ruotano molti acccadimenti del dramma e omaggio alla pellicola del 1938 di Marcel Carné, a sua volta tratta dal romanzo di Eugène Dabit. La storia è ambientata perciò nella Parigi degli anni trenta. I personaggi, trasposti in un film muto che progressivamente concede la presenza di dialoghi in una lingua a cavallo tra un grammelot e un francese maccheronico, hanno a disposizione una consistente mole di ingredienti della guerra e del nazismo, all'interno di uno spazio che pare infinito per la quantità di ambienti che sono stati sapientemente ricreati. Il cast eccezionale, nessuno escluso, costretto nel delirio della frenesia ritmica a dare ininterrotamente il massimo sulle note di una pregiatissima selezione musicale, ci ricorda che gli attori sono anche atleti, ballerini e produttori insostituibili di energia. In un continuo gioco tra umorismo e soffice dannazione, la pièce è caratterizzata da un susseguirsi di scene madri, come la fuga in automobile della famigliola "reale", e potrebbe finire in grande stile in qualunque momento. E quando, dopo il famoso omicidio, questa volta con una pistola, si può pensare che lo spettacolo sia giunto a compimento, sorpresa! “L'histoire va continuer”, dichiara Amletó. Si comincia a scoprire la natura deliziosa di un "principe di Danimarca" mai visto: naïf, sognatore, creativo, che dopo aver tanto cercato il suo papà, stritola il nostro cuoricino atrofizzato durante un simpatico e commovente contatto con il fantasma, e ci regala amorevoli conversazioni con la sua bella Ofelia. Fatta eccezione per la premessa culturale forse richiesta dallo spettacolo, per cui alcuni tra gli spettatori che ancora non hanno avuto il piacere di incontrare questa tragedia nel loro percorsorischiano di non godere della messinscena nella sua totalità, abbiamo felicemente a che fare con un percorso teatrale che scava fino a trovare le radici della questione, la scardina in una sorta di operazione a cuore aperto, e ne ricava l'essenza per poi restituirla semplice, diretta, solleticante ed esteticamente bella, con generosità e ironia.
Claudia Giglio
23 aprile 2015