Recensione de Infection in scena la teatro Spazio Uno dal 18 al 29 marzo 2015
"Sta' attento con le storie inventate. Rivelano cosa c'è sotto. Tal quale come i sogni".
Cosa c'è sotto? Meglio, anzi, cosa c'è dietro? Non è un caso, da par mio, citare Queneau e non è un caso riprendere del genio francese un distillato di quel nettare che I Fiori Blu, suo capolavoro, hanno sparso sulla letteratura novecentesca.
Ecco, dunque, Infection, la commedia che Massimiliano Caprara mette in scena, anzi in doppia scena, al Teatro Studio Uno, piacevole affresco di sala e cortile sperimentale al centro di Trastevere: un sogno inventato, dietro e sotto al quale germinano e ondeggiano ostinate verità, pronte a schiudersi e a rivelarsi...magari in sogno!
In una contemporaneità che non da spazio al gioco onirico in quanto troppo legata al giogo virtuale delle interfacce; nello 015 di questo XXI secolo tanto social da essere asociale; nel mondo così vero da sembrare sintetico si snoda la vicenda che, aggrappata ad un cavo di rete, puntellata dalle infrastrutture del www si sbilancia pericolosamente su viaggi esoterici, Olivetti vintage, bolle di sapone e favole d'antan: nel suo comico sporgersi tra una realtà e un'irrealtà, tra il sogno e la vita, si bipolarizza Infection che viaggia su un doppio binario di orfica sostanza e metaforica verità.
Social, media, mass, twitter, facebook, followers e web, personificate da Erika, convinta sostenitrice del progresso digitale in vista di un mondo migliore, dialogano, alzando la voce, con la loro antitesi, l'era pre-digitale, tratteggiata nell' atipico (per i tempi) personaggio di Ric, suo compagno e scrittore di libri per bambini, che rispolvera giradischi e macchina da scrivere, il tutto condito da ciò che aleggia al di sopra di un reale materiale, tangibile, acquistabile, consumabile e dicibile: Argo, fratello di Ric, vero e proprio personaggio fuori dal tempo, fuori dalla materia ed alle prese con onirici viaggi metafisici e filosofiche sperimentazioni esoteriche.
Dietro tutto ciò, si affacciano, tramite un'invisibile rete con vista sul mondo a mò di detentori dell'equilibrio che tutte le cose regge nella nostra realtà, tre entità intelligenti impiegate nei vari dipartimenti. Ma cosa accade quando questo meccanismo perfetto viene messo in crisi da un’improvvisa infezione che attacca, per contagio, i principi stessi della nostra realtà e del suo corrispettivo virtuale "bucando la rete" che li separa?
Metafora di un mondo sempre alle prese con attacchi virtuali, hackeraggi di ogni genere, spam, phishing e centri assistenza che fan ribollire i telefoni, Infection è una creazione basata al contempo sul conscio e sull'inconscio, sul potere reale e sul potere dei sogni, sull'accostamento casuale di oggetti e sul matematico calcolo del gioco: e sembra di guardare Queneau.
Surreale certo, al punto tale da essere realmente comparabile e paragonabile ad ansie e situazioni della vita contemporanea alle prese con il susseguirsi di like, di tweet e di selfie che hanno preso il posto del cavaliere che uccise il drago, del re che estrasse la spada e del giullare che cantò le gesta: nuovi modelli di eroi che si raccontano da soli. E poi? L'infezione che tutto scompiglia, che smarrisce e fa smarrire, disorienta e, strisciante, mischia le carte in tavola: cambiano le forme e le realtà si uniscono, si incontrano, si scontrano, si fondono e si confondono: il sogno diventa vita e la vita...rimane tale. Il buco nella rete si rimargina, le procedure tornano a procedere, i meccanismi si riattivano e il sogno si dissipa nell'equilibrio iniziale, seppur in fondo si ha la sensazione che qualcosa...è cambiato.
Geniali, veloci ed elettrizzanti i dialoghi, che ben accompagnano le perfette movenze e le magistrali performance degli attori. Il linguaggio segue, infatti, questa struttura bi-dimensionale che si bifora e si adatta alle diverse realtà in cui prende vita. Cambiano i registri dialettici a seconda dei due mondi che si danno il cambio, grazie ad un gioco di luci ed ombre che tende a catapultare lo spettatore da un lato all'altro dello "specchio". Se nel primo caso le problematiche di una coppia qualsiasi sono l'emblema delle criticità della società attuale, nel secondo caso, nella dimensione altra, l'atmosfera è velocizzata, il ritmo cadenza la lingua e la comicità da Monthy Pyton si confonde con serpentini e audaci divertissement sintattici e linguistici che si avvicinano ai sogni di Queneau, appunto.
Federico Cirillo
30 marzo 2015