Lunedì, 16 Settembre 2024
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Finale di Partita: L'audace scelta di rappresentare Beckett al Teatro degli Audaci

Recensione di Finale di partita in scena al Teatro degli Audaci dal 7 al 22  marzo

"Finita, è finita, sta per finire, sta forse per finire"

Queste le parole con cui esordisce Clov all'inizio della rappresentazione, ma si potrebbe anche leggere fra le righe un consiglio ad affrettarsi ad andare a vedere Finale di partita al Teatro degli Audaci, in scena dal 7 al 22 marzo sotto la regia di Leonardo Cinieri Lombroso. Finale di Partita è uno dei capolavori indiscussi del drammaturgo irlandese Samuel Beckett, colui che porta per la prima volta a teatro qualcosa che nessuno prima di lui aveva osato rappresentare: la totale mancanza di senso della vita.

Se già con Aspettando Godot nel 1953 aveva stravolto gli schemi del teatro tradizionale scegliendo come protagonisti dei personaggi ai margini della società, degli antieroi per eccellenza che intraprendono discorsi privi di senso per ingannare l'attesa di un misterioso personaggio che tarda a manifestarsi e rendendo tale logorante attesa l'elemento attorno cui far ruotare tutta la pièce, con Finale di Partita nel 1957 non fa che perfezionare quest'opera di stravolgimento: la comunicazione (per di più fallimentare) ha anche qui la mera funzione di intrattenere nell'attesa della FINE, tanto invocata dai personaggi quanto remota, puntualmente posticipata.

Un'opera teatrale in un atto priva di trama e di risvolti, in cui ogni elemento cela molteplici significati, tutti validi.

Il setting, i nomi dei personaggi, la loro funzione, i loro dialoghi: tutto è soggetto a numerose interpretazioni. Ogni parola, ogni movimento, ogni espressione ha una funzione ben precisa: spostare anche solamente uno di questi elementi, significa compromettere l'efficacia dell'intera rappresentazione. Ecco perché la Compagnia degli Audaci è degna del suo nome: una scelta coraggiosa, "audace", quella di proporre Beckett, per di più in un teatro di periferia che predilige la commedia. In questo caso, bisogna dirlo, il rischio di un fallimento clamoroso è stato direttamente proporzionale alla buona resa dello spettacolo: lodevole la decisione di attenersi il più possibile alle didascalie, riscontrabile già solo per quanto riguarda il setting: un rifugio antiatomico spoglio, asettico, con due finestre parallele, la poltrona su cui siede Hamm al centro e i bidoni in cui dimorano i suoi genitori Nell e Nagg in fondo; degni di attenzione i costumi, adatti a mettere in risalto la funzione stessa di ogni personaggio.

Riuscitissimo il senso di complementarità dei personaggi: è tipico di Beckett che i protagonisti delle sue opere funzionino solo e soltanto in coppia, che l'uno sia l'opposto dell'atro e che si odino senza però riuscire mai a separarsi. In questo senso, l'empatia di ogni attore nei confronti del suo partner ha contribuito alla riuscita dell'intera rappresentazione: il contrasto tra la voce gracchiante di Hamm, interpretato da Flavio de Paola e quella più acuta, pulita e lamentosa di Enrico Franchi nei panni di Clov ha avuto un ruolo importante nell'esaltazione di questa caratteristica beckettiana dei personaggi opposti ma complementari. A tal proposito, è doveroso elogiare la coppia Nell (Maria Cristina Gionta) - Nagg (Emiliano Ottaviani) , assolutamente credibile proprio grazie al feeling instaurato tra i due attori.

Impeccabile l'interpretazione di Ottaviani: la sua capacità di modulare la voce in base all'intensità del momento teatrale e la sua grande espressività facciale gli conferiscono forse la nomina di miglior attore di questa produzione. Opinabile la decisione (sicuramente non presa a cuor leggero) del regista di tagliare alcuni passaggi, probabilmente per venire incontro ad un pubblico profano al cupo teatro di Beckett. Nel complesso, uno spettacolo ben riuscito, con qualche momento più fiacco e qualcuno più intenso. Da migliorare l'utilizzo del tappeto musicale, spesso indipendente da ciò che accadeva sul palco e a tratti invadente al punto di sovrastare le voci degli interpreti.

 

 

Valentina Gargano

 

22 marzo 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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