Domenica, 24 Novembre 2024
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Assenzio, al Café Argot

Recensione dello spettacolo Assenzio, in scena al teatro Argot Studio il 9 marzoe in replica al teatro Tor di Nona dal 10 al 15 marzo 2015

Una furtiva lagrima per il pubblico che si distribuisce in platea. Una pittrice del XVII° secolo, Artemisia Gentileschi, aspetta qualcuno mentre canta una romanza che non le è mai appartenuta, ma che forse, se avesse potuto, avrebbe amato. La donna che si appresta a raggiungerla presso il caffè in Trastevere è Marietta Tintoretto. Le due sono realmente esistite, e noi anche siamo a Trastevere, l'intersezione tra realtà e immaginazione si fa più tangibile del solito.

Due abili pittrici in un contesto storico che non lascia spazio all'emancipazione femminile, entrambe figlie d'arte in perenne conflitto, si incontrano per parlare di pittura, ma in verità scoprono d'aver bisogno di affrontare tutt'altro: il più intimo dei nodi nevralgici, il rapporto con i loro affetti, i padri in particolare, che tanto hanno donato loro e tanto si sono presi in cambio.

Una è la figlia del Furioso, l'ultimo energicissimo pittore del Rinascimento, un'infanzia vestita da maschio presso la bottega del papà, l'integrità minata da un rapporto morboso con colui che le ha insegnato il mestiere e l'ha poi imprigionata in una bacheca di cristallo, l'appellativo “Tintoretta” parla da solo.

L'altra, di più spiccato successo, ribelle, innovativa, un'icona per il genere femminile, la prima pittrice riconosciuta in quanto tale in tempi non consueti.

Entrambe hanno perso ciò che di più puro avevano. Uno stupro seguito da un'ambigua gestione dell'accaduto, ha portato via ad Artemisia la purezza per definizione rendendola una disonorata ai numerosi occhi che ammiravano le sue opere.

Marietta, già priva di autodeterminazione, ha perduto il suo bambino di appena undici mesi, l'unica cosa che sentiva veramente sua.

Nel corso dell'amorevole duello sedute al tavolo del locale, esse difendono i loro percorsi e sfoderano giudizi, si rimproverano a vicenda, dandosi l'opportunità di riflettere sui propri limiti.

D'altronde, ci sembrerebbe strano se la vita di ogni essere umano, in special modo nel caso di un talento smisurato, non fosse accompagnata da importanti conflitti in tutte le direzioni e da rapporti inquietanti: si potrebbe sospettare che i limiti posti dalla vita siano anche nutrimento stesso della propria arte. E allora, si ha davvero il coraggio di liberarsene? Chi saremmo noi tutti senza quell'esatto passato che ci è spettato? Molte domande mi sono posta durante questo spettacolo, un segnale che la pièce, dai contenuti assai intriganti, offre molti spunti di riflessione. L'andamento monocorde le concede poco respiro, risollevato dalla semplicità e la freschezza dell'interpretazione delle attrici.

E dunque, è solo vicino alla fine che le artiste riescono a immergersi in considerazioni sui colori e tornano bambine, gustando ghiottamente una caramella.

 

Il rendez-vous romano di due anime profonde in attesa di digerire il groppone con una sorsata di assenzio, che non arriverà mai.

 

 

Claudia Giglio

 

11 marzo 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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