Recensione di Achilleide, in scena al teatro del Centro
"In pace i figli seppelliscono i padri, mentre in guerra sono i padri a seppellire i figli"
(Erodoto, Le Storie, 440 – 429 a.C.)
Sul palco solo l'attore al leggìo, che emerge da un'oscurità inconscia ed evocativa e come una coscienza collettiva inizia la narrazione/interpretazione, che si alterna, man mano che si sviluppa, tra momenti serrati e periodi più rilassati che toccano sul finire della prima e della seconda parte dei vertici di altissima poesia.
Attraverso la mimica facciale, l'intonazione della voce e la gestualità del corpo Emanuele Giglio inizia a far materializzare sul palco i personaggi, gli ambienti, i dialoghi e le situazioni che vanno a disegnare nel loro complesso una storia che attingendo al mito costruito intorno ad Achille demitizza la "Guerra" in quanto atto eroico e in quanto tale, trasformando l'inutile guerra di Troia nell'emblema di ogni "Guerra" e il "rapimento di Elena" nell'emblema di ogni "fittizio pretesto" che da sempre nasconde dietro di se solo interessi personali,economici o politici.
Fondamentale nell'alchimia di questo spettacolo la scenografia realizzata da Monica Griffa e Monica Amitrano, una vera e propria opera d'arte realizzata con carta e bambole rotte: un insieme di forme di forte impatto visivo ed emotivo, l'ara Pacis di Tor di Nona; e l'illuminazione che con i suoi contrasti marcati che si alternano a luci più soffuse e d'ambiente va a ricreare gli stati d'animo e le emozioni spesso contrastanti dei personaggi che da unica persona scaturiscono e prendono vita tra le ombre sul palco.
Un discorso a parte va fatto per la colonna sonora che, dall'inizio alla fine della messa in scena, sarà sempre presente e che al di là della funzione di parte integrante e coinvolgente dello spettacolo è anche un'affascinante e interessante sintesi di una storia non ancora scritta del melodramma italiano.
Un melologo che cattura ed emoziona con le sue atmosfere rarefatte e pur concrete creando profonde suggestioni nell'animo di chi guarda e ascolta, lasciando a chi l'ha vissuto in sala, attraverso le riflessioni che pone, un vero e proprio messaggio di pace universale.
Un'Achilleide che ha ben poco a che fare con i frammenti del testo di Stazio pervenutici attraverso lo scorrere dei secoli e che vengono usati da Giglio semplicemente come punto di partenza per una ricerca intimamente personale, artistica e teatrale che lo ha portato negli ultimi anni ad un nuovo punto d'arrivo che è anche la sintesi di 25 anni di attività teatrale.
Fabio Montemurro
21 febbraio 2015