Lunedì, 25 Novembre 2024
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La camera da ricevere
: un'evocativa narrazione sul filo dei ricordi

Recensione de La camera da ricevere in scena al teatro Due Roma dal 3 all'8 febbraio 2015

 

"Guarda quante ce ne sono, oh. Milioni di milioni di milioni di stelle. Ostia ragazzi, io mi domando come cavolo fa a reggersi tutta sta baracca. Perché per noi, così per dire, in fondo è abbastanza facile, devo fare un palazzo: tot mattoni, tot quintali di calce, ma lassù, viva la Madonna, dove le metto le fondamenta, eh? Non son mica coriandoli.”

                                                                                                  (Aurelio in “Amarcord”, 1973, Federico Fellini)

 

 

Superficialmente può sembrare un puro esercizio di stile a metà strada tra italiano e dialetto romagnolo, andando oltre (per non smentirmi) "La camera da ricevere"  è molto di più: il racconto della formazione di un'attrice e del nascere e svilupparsi di un personalissimo universo teatrale.

Ermanna Montanari ripercorre la sua vita come donna e come artista partendo dal punto più remoto, la sua infanzia.
Inizia facendoci rivivere il ricordo di questa stanza sempre chiusa, al pianterreno del casolare del nonno dove viveva, che era chiamata la "camera da ricevere" e veniva utilizzata solo due volte all'anno, in occasione del Natale e della Pasqua.

Da questo rimembrare inizia un viaggio nel tempo e nello spirito fatto di momenti reali e momenti artistici, quest'ultimi senza un vero e proprio ordine di continuità cronologica.

Sul palco una poltrona e un tavolo non di oggi, ma di un passato che appartiene ai nostri nonni.

 

Sul tavolo una lampada accesa e degli oggetti che durante la recitazione prendono vita e diventano i dettagli che vanno a caratterizzare le "figure" che dal passato al più recente presente sono scaturite da un lavoro teatrale intrapreso, come veniamo a sapere dall'attrice stessa durante la narrazione dal leggio, all'età di vent'anni, dopo esser fuggita da Campiano ed essersi sposata con Marco Martinelli.

Ciò che più colpisce è come la fuga dal paese e dalla Romagna non abbiano però precluso le proprie radici culturali che, volendo o no, sono sempre ritornate, riemerse, uscite fuori durante la creazione e sviluppo della messa in scena.

Concludendo e riallacciandosi alle prime battute di questo articolo, andando oltre, appunto, ci si accorge a spettacolo terminato di come Ermanna Montanari sale sul palco per aprirci lei stessa una porta che da accesso alla sua più intima esperienza con la vita e col mezzo espressivo teatrale.

 

 

Fabio Montemurro

 

6 febbraio 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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