Recensione dello spettacolo “Evita y yo, storia di due argentine”, in scena al teatro Cometa OFF dal 15 al 18 gennaio 2015
Sonia Belforte compie un viaggio personale alla ricerca di una verità, quella di una donna, Evita Peròn, che ha avuto la forza di cambiare il modo di pensare ed agire di una nazione. Ci troviamo davanti ad una lezione di vita e perseveranza.
Vite vissute su strade parallele, per certi versi, quelle di Sonia ed Evita. Come la stessa attrice/autrice dichiara sono entrambe argentine, con gli stessi sogni e la stessa voglia di rivalsa verso una società che spesso dimentica ciò che conta e che non sa ammettere gli sbagli commessi. La Belforte mette in scena così uno spettacolo del ricordo, ma non solo. Quello su Evita è uno spettacolo pedagogico, in quanto educa. In cosa?
Prima di tutto nell'approccio che si deve avere quando si racconta qualcosa di così importante, come la vita di un personaggio che ha condizionato una nazione. Sonia Belforte ha capito, e ammesso, che per descrivere bene la storia di qualcuno a lei culturalmente e sentimentalmente vicino è necessario compiere uno sforzo. Avere uno sguardo distaccato, lontano. Lei ha potuto farlo in quanto emigrata in Italia. A vent'anni di distanza dalla sua partenza per l'Argentina è finalmente riuscita ad avere questa visione dall'alto. Un primo insegnamento, questo, che fin troppo spesso, nel nostro paese, i giornalisti dimenticano.
Nel raccontare la vita di questa donna, inoltre, Sonia non si lascia condizionare, né dalle opinioni dei parenti, contrari alla figura di Evita, né dalle “malelingue” (ramificate in ogni nazione) che additavano alla Peròn azioni non proprio da nobildonna. Racconta tutto, sia i lati positivi, sia quelli negativi, senza idealizzare troppo Evita, come a dire che anche grandi persone, in grado di muovere e smuovere le masse, hanno i loro lati oscuri, le loro debolezze, proprio come tutti noi. Evita era una donna che aveva dedicato buona parte della sua vita ad aiutare i più poveri, mettendo in atto la prima (ironicamente afferma l'autrice) "dittatura al contrario" della storia. Rubava ai ricchi per dare ai poveri per amore verso questi ultimi o per troppo odio verso i primi? Questo è l'interrogativo più interessante che emerge dallo spettacolo.
Quello della Belforte è uno sguardo vigile, preciso, che sa dettare bene i tempi nella narrazione, è figlio di uno studio approfondito, una ricerca attenta che lascia la platea incuriosita. Lo spettacolo viene arricchito da filmati d'epoca, canzoni e silenzi, violenti, che fanno riflettere sulle cose della vita e su quanto la storia di una nazione lontana, come l'Argentina, sia in realtà specchio di dinamiche comuni in tutto il mondo.
Cos'è giusto o sbagliato fare nella vita? Un suggerimento viene dato sottovoce dalla Belforte: quello che il cuore ti dice di fare. Spesso però il cuore può "errare", esser ceco o sordo. In quel caso bisogna aver il coraggio e , con leggerezza, cambiare. Una parola, cambiare: come ha fatto Evita Peròn, come ha fatto Sonia Belforte. Quello tra queste due argentine è un dialogo dell'anima di due donne lontane nel tempo ma vicine nel sentimento che non accettano le brutalità dell'uomo e che nel loro piccolo cercano ancora oggi, insieme, di combattere.
Uno spettacolo che meriterebbe maggior attenzione e maggior spazio nelle scuole superiori del nostro paese.
Enrico Ferdinandi
(@FerdinandiE)
16 gennaio 2015