Recensione de Il sindaco del rione Sanità, in scena al teatro Quirino dal 20 gennaio al 1 febbraio 2015
La morte è cosa povera
ma chiude una ferita mortale
William Shakespeare
Quando nel 1960 Eduardo De Filippo scrisse questa commedia riuscì a cogliere tutto il dramma di quei “giorni dispari” che più degli altri riempiono le nostre vite.
Il sindaco del rione Sanità è un’opera che venne scritta per necessità. Quando sua sorella Titina si ammalò Eduardo fu costretto a scrivere qualcosa di nuovo, una commedia dove si potesse fare a meno dell’assenza massiccia che Titina aveva in ogni commedia. Prendendo spunto dalla realtà è nato questo spaccato di una Napoli e di un’Italia che, come in tutte le sue commedie, è lontana nel tempo ma vicina nelle consuetudini e negli atteggiamenti.
Antonio Baraccano, sindaco del rione Sanità, non è altro che un boss, anzi il boss del quartiere al quale, per rispetto, ogni cittadino si deve appellare per risolvere i più disparati casi. Come spesso accade per figure di questo tipo sacro e profano si mescolano creando un’animo grottesco che non è facile interpretare sul palco. Eduardo da questo punto di vista, nonostante la sua immensa bravura, sembrava non avere in toto il giusto carattere per render bene l’idea di un uomo così. Per questo motivo l’interpretazione di Eros Pagni giunge a chiudere un cerchio aperto oltre cinquant’anni fa. Quel testo, quel protagonista, trovano così la loro perfetta armonia.
Presentato in anteprima al Napoli Teatro Festival nel giugno 2014, in occasione del trentesimo anniversario della morte del suo autore, "Il sindaco del rione Sanità" è sicuramente lo spettacolo che più di tutti rende omaggio al ricordo di Eduardo De Filippo. In questi giorni a Roma, in scena al teatro Quirino dal 20 gennaio al 1 febbraio, ha già riscosso grande successo e conquistato l’approvazione piena della platea. Cosa che non si può altresì dire dell’altra grande interpretazione che fino a pochi giorni fa ha scosso gli umori del pubblico romano, quel Natale in casa Cupiello di Latella che ha lasciato gli astanti divisi fra applausi e contestazioni.
Eros Pagni, ligure di nascita, si cala perfettamente nel ruolo di Antonio Baraccano e regala alla platea numerosi momenti di grande teatro. Una riflessione su tutte emerge dal suo dialogare con il dottore Fabio della Ragione (interpretato da Federico Vanni), ovvero: per fare il mondo più quadrato e meno tondo di cosa c’è veramente bisogno? Dell’astuzia che favorisce ma placa l’ignoranza o della noncuranza che porta l’uomo a dar libero sfogo agli istinti primordiali?
In fondo siamo animali. Questo sembra recitare in coro la compagnia del teatro stabile di Genova. Tutti alla fine comprendono e fanno comprendere alla platea il messaggio che Eduardo voleva dare con questa commedia: l’uomo diventa uomo solo quando ha il coraggio di fare un passo indietro e tornare sulle sue decisioni. Sacro e profano si mescolano così definitivamente sul palco.
L’equazione viene completata da un’altra sempreverde contraddizione umana: meglio scegliere la compromettente verità o la bugia che porta alla personale convenienza?
La fame, quella di Rafiluccio Santaniello (Orlando Cinque) e della sua “femmina” Rita (Francesca De Nicolais), è una delle vere protagoniste dell’opera. Essa preme sul ventre dei più disagiati e li spinge a prendere decisioni contro natura. Solo la saggezza del sindaco, moderno antieroe, riuscirà a districare i nodi di un rancore che se alimentato non può far altro che portare ancora sangue, spari e lacrime.
La regia di Marco Sciaccaluga annulla le distanze fra platea e palco mentre le musiche di Andrea Nicolini segnano l’incedere del passo stanco e consumato di un sindaco, non sindaco, giunto ormai alla resa dei conti con gli altri e con se stesso. L’utilizzo del tulle nero, sul quale viene proiettato il titolo dell’opera di Eduardo prima dell’inizio della messa in scena e durante l’intervallo è un’espediente che avvicina al ragionare cinematografico e che non dispiace.
La giusta ricompensa per tanto lavoro arriva a fine spettacolo, quando la platea esprime il suo apprezzamento a suon di applausi per diversi minuti.
Enrico Ferdinandi
21 gennaio 2015
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