Recensione de FÄK FEK FIK, le tre giovani in scena al teatro Sala1 di Roma nei giorni 9 - 10 - 11 gennaio 2015
Così come Tarkovskij partendo dal finale di "Picnic sul ciglio della strada" dei fratelli Strugackij girò "Stalker", allo stesso modo il laboratorio teatrale SCH.lab partendo dal finale del dramma "Le Presidentesse" di Werner Schwab da vita improvvisando sul palco a "FÄK FEK FIK
Et de longs corbillards, sans
tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce,despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.
(Spleen, I fiori del Male, Charles Baudelaire, 1857)
Quando sul finire degli anni '80 scrisse "Le Presidentesse" prima parte della triologia dei "Drammi fecali", il drammaturgo austriaco Werner Schwab poneva sul palco con sarcasmo e dissacrazione tre figure femminili non più giovani e ai margini di una società ipocrita, piena di miseria, sogni infranti e barlumi di speranza accecati dal pungente odore dell'alcool...
Dal finale di quest'opera, dove le tre presidentesse sono sostituite da tre giovano donne, muove i passi il progetto pedagogico e di ricerca SCH.lab, ad opera di Dante Antonelli, Daniele Sterpetti e Duncan 3.0
Tre giovani donne, Erna, Grete e Maria, si muovono alternano e sovrappongono all'interno di una scenografia scarna dove anche la colonna sonora che le accompagna, eseguita live, è ai limiti del minimalismo elettronico.
Tre giovani donne che si mostrano al pubblico e mettendosi a nudo raccontano e rievocano, con un linguaggio fatto di parole onomatopee urla gesti corporalità, fatti, situazioni, episodi della loro vita ai margini di una società di rinnegati che, afflitta dalla disperazione, viene traghettata sempre più al largo da droga alcool ed illusioni e che spinta nell'abisso dalla sua stessa sofferenza individuale finisce per affogare con tutti i suoi desideri, speranze, aspettative. Si trovano lì, nella propria materia interiore e fecale mentre col passare degli istanti, percepiscono di trovarsi n quella che sembra l'anticamera di un limbo infernale, più che nella vita di esseri umani.
Quella che ne traspare è la disperazione viscerale di una gioventù italiana, ma anche europea e addirittura mondiale, un tagliente ritratto dei giorni d'oggi.
E' la voce delle minoranze culturali, l'urlo dei troppi emarginati e di chi è stato etichettato come disadattato, grida che troppo spesso non sentiamo perché la voce del padrone si fa giorno dopo giorno più forte... l'agonia di tutti noi, costretti dalla perpetua violenza psicologica che ci avvolge e permea a continui compromessi che ci rendono vittime di troppe frustrazioni che si ripercuotono su ogni aspetto della vita di tutti i giorni che siano essi sociali, religiosi o sessuali.
Alla fine non ci resta niente, niente di niente, neanche i sogni, perché, il nero vessillo dell' Araldo dell'inferno di ognuno di noi, penserà ad offuscarli ancor prima che possono farci intravedere un timido barlume nelle nostre lunghe notti senza tempo.
Fabio Montemurro
11 gennaio 2015