"Words like violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
Painful to me
Pierce right through me
Can't you understand
Oh, my little girl?"
(Enjoy the Silence,Depeche Mode,1990)
[to Alice in Wondeland]
Scozia,cittadina imprecisata,una sera come tante dei giorni d'oggi.
Un uomo e una donna, l'uomo una quarantina d'anni, la donna una trentina.
Un uomo e una donna come tanti altri dei nostri tempi; un uomo e una donna soli che si sono incontrati neanche un ora prima in un pub e che emergono sulla scena dell'appartamento di lui, un appartamento pieno di scatole piene di cose: barlumi di passato che aspettano un presente che non sembra arrivare.
L'appartamento ha una grande finistra che guarda sulla città sulle sue luci e i suoi silenzi (anche sul pubblico) e bhè la sua ombra sul muro sembra però quella delle sbarre di un carcere e chi vi guarda (forse) sogna orizzonti sconfinati che continua però ad affogare nell nulla.
Descritto così può sembrare la quarta di copertina di un romanzo noir degli anni 50 o la Prefazione a The Long Tomorrow di O' Bannon e Moebius (apparso 38 anni fa su Metal Hurlant)...e invece è Being Norwegian che pur lasciando lo spettatore fuori dal palco e pur non rompendo la quarta parete avvolge il pubblico nell'atmosfera della storia attraverso una messa in scena intimista che a volte fa sorridere ma spesso riflette.
Lo spettacolo con ironia mette a fuoco il vuoto esistenziale degli uomini e delle donne che arrivati negli anni 2000 non sanno più comunicare.
Un breakdown comunicarivo dovuto da una parte a chi questo vuoto lo vuole riempire a tutti i costi spinto da una "fame emotiva" compulsiva spesso dando forma reale alle proprie fantasie per arrivare alla fine a crederci veramente e a elevarle a status di realtà sfiorando addirittura la psicosi alienante e chi invece quel vuoto non lo vuole proprio toccare e se glielo si tocca appena scoppia nella violenza di chi vuole lasciarlo lì ad accrescersi lasciandosi andare alla deriva dei ricordi sempre più stinti di un passato fatto di fotografie e di vecchie audiocasette smagentizzate di Medness o Gary Numan o qualcosaltro di imprecisato e confuso.
Ma sotto stelle (s)conosciute nella calda notte di un giorno qualunque nasce si sviluppa e (forse),in un abbraccio di elettronico silenzio,inaspettatamente si compie il dramma del completamento/annullamento.
Fabio Montemurro
12 novembre 2014
informazioni
Dal 5 al 23 novembre – SALA STUDIO dal mercoledì al sabato h 21.30 – domenica h 18.30
BEING NORWEGIAN
di David Greig
traduzione Elena Arvigo
con Elena Arvigo, Roberto Rustioni
luci e allestimento Paolo Calafiore e Diego Labonia
organizzazione Marianna Caruso
regia Roberto Rustioni
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
in coproduzione con Associazione Fattore K.
in collaborazione con Olinda onlus
si ringrazia il Festival Trend e Rodolfo Di Giammarco
Dopo il grande successo della scorsa stagione con lo spettacolo I tre atti unici di Cechov Roberto Rustioni torna con un avvincente testo contemporaneo che esplora una realtà fatta di ruvida e dura quotidianità .