«Colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera»
Napoli, 1878: Giovanni Passannante, cuoco lucano di umili origini, ultimogenito di dieci fratelli, con un coltello dalla lama di 12 centimetri, assale la carrozza reale che trasportava, per le vie del capoluogo campano, il nuovo Re d’Italia – incoronato a Gennaio dello stesso anno – Umberto I, la moglie Margherita, il figlio e futuro Re Vittorio Emanuele III e l’allora Presidente del Consiglio Benedetto Cairoli, con l’obiettivo, mosso da ideali anarchici e sentimenti antimonarchici, in nome di una maggior uguaglianza sociale, di attentare all’incolumità del sovrano.
L’attentato, il primo di una lunga serie ai danni del Re – che troverà la morte 22 anni dopo per mano dell’anarchico Bresci a Monza – è il prologo di un’infinita agonia alla quale il trentenne di Salvia – che per decreto regio cambiò nome in Savoia di Lucania, attuale toponimo del comune – è sottoposto: arrestato e torturato, condannato alla pena di morte, commutata poi in ergastolo presso la Torre della Linguella – oggi anche detta Torre di Passannante, appunto – sull’Isola d’Elba. Da qui il calvario: dieci anni di completo isolamento, agganciato ad una corta catena di 18 chili e costretto a vivere in uno spazio angusto e insalubre, sotto il livello del mare, stato che influisce in maniera determinante sulla sua salute sia fisica che psichica; Passannante, malato e affetto ormai da un’acuta malattia mentale, viene quindi trasferito nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino nel 1889, dove troverà la morte, cieco e sessantenne. Dopo la morte il cadavere, in ossequio alle teorie dell'antropologia criminale dell'epoca, miranti ad individuare supposte cause fisiche alla "devianza", fu sottoposto ad autopsia, decapitato, privato del cervello e del cranio i quali, immersi in una soluzione di cloruro e zinco, furono preservati nel manicomio di Montelupo Fiorentino per poi, nel 1936, essere trasferiti, assieme ai suoi blocchi di appunti, presso il Museo Criminologico di Roma, ove il cervello, immerso in formalina, venne conservato in una teca di vetro sigillato sino al 2007, quando finalmente furono tumulati nel paese natio.
La terribile vicenda è stata, per anni, lo spunto per la battaglia civica dell’attore impegnato Ulderico Pesce, il quale, con il suo “L’innaffiatore del cervello di Passannante”, in scena per due serate consecutive, il 29 e il 30 Marzo, presso il Teatro Eutheca di Roma, con una storia dai toni delicati, semplici e dalla narrazione insolita (Pesce indossa qui i panni di un ignaro e simpatico carabiniere lucano, di Salvia appunto, che si ritrova a dover far da guardiano e custode al cervello di Passannante con il compito di “innaffiarlo” con la formalina, ogniqualvolta questa stia per evaporare), racconta la vita dell’anarchico: una storia nella storia, in quanto il racconto ci viene illustrato attraverso dei cartigli che lo svampito carabiniere/custode, trova accanto alla bacheca, dimenticati da una giovane attrice di teatro, Lucia, della quale egli si era innamorato durante una sua fugace visita presso il Museo Criminologico, la sera di Natale.
Un eccelso esempio di teatro civico, quello portato avanti da Ulderico Pesce in questi ultimi anni, che si sposa perfettamente con il suo impegno profuso già dagli anni ’90, di tumulare i resti di Passannante nel suo luogo di origine; impegno che ha avuto il suo apice nel 1999, quando diede vita a una raccolta di firme per la causa: all'iniziativa aderirono numerosi personaggi dello spettacolo e della letteratura tra cui Francesco Guccini, Dario Fo, Marco Travaglio, Antonello Venditti, Oliviero Diliberto, Paola Turci, Carmen Consoli, Peter Gomez, Erri De Luca e Giorgio Tirabassi, con il risultato della definitiva sepoltura nel 2007.
Unico nella sua essenzialità, sia scenografica che narrativa, il singolo atto si compone piacevolmente nel racconto di un dramma attraverso lo stupore, la semplicità, l’ironia e il dialetto di un uomo qualunque il quale, ritrovatosi da un giorno all’altro a vestire i panni di carabiniere/custode/innaffiatore, non nasconde affatto i suoi sentimenti e le sue vive e vere emozioni nei confronti di Passannante e della sua tragedia, che già fecero da spunto, subito dopo l’arresto, ad un componimento del poeta Pascoli.
Federico Cirillo
30 marzo 2014