La recensione doppia: due diversi punti di vista su 'Le Nuvole' di Aristofane. Di Giuliano Armini e Federico Cirillo
Il punto di vista di Giuliano Armini
Affascinante estetica della filologia scenica nel recupero e adattamento di un'antica e attuale commedia: ciò è quanto si svolge sul palcoscenico del Teatro Arcobaleno fino al 16 marzo, nell'ambito di questa stupenda operazione teatrale condotta ormai da anni dalla Compagnia Castalia.
Viene messo in scena Le Nuvole, di Aristofane (450-380 a.C.). Antica commedia che ironicamente giocava sulla dicotomia di due differenti approcci filosofico-esistenziali: un dogmatismo che pur facendo uso del mito contribuiva all'edificazione morale del singolo e della comunità, contro un raziocinio che nel proporsi di sostituirsi ad una conoscenza apparentemente primitiva e scaramantica, deflagrò in un sofismo utilizzabile per difendere i vizi a danno delle virtù.
Questa fu la lettura di Aristofane, che causticamente volle colpire i sofisti, dileggiandoli, riconoscendoli colpevoli di aver utilizzato la retorica a danno del vigore morale di Atene. Nella storia, un vecchio agricoltore, Strepsiade, stretto dai debiti contratti per colpa del figlio, valuta l'opportunità di farsi insegnare dai sofisti i trucchi della retorica, così da poter sfuggire ai gravosi oneri finanziari con l'utilizzo della parola; il suo approccio amorale e truffaldino gli tirerà però un gran brutto scherzo, comprendendo così sulla sua pelle l'importanza del virtuosismo. Piccole scurrilità, caricature, umane debolezze e imbarazzanti apparenti verità completano, come tutti sappiamo, l'impianto drammaturgico.
Le Nuvole, oggi riproposte grazie alla virtuosa azione di questa compagnia, oltre a conservare intatta la sua capacità ironica, funge da educativa metafora in un evo di cultura massmediatica per lo più costruita sia per un consumo immediato quanto insoddisfacente, sia intrisa di immagini, schemi e modelli vacui e inconsistenti.
Altresì, all'interno di una felice sintesi scenotecnica, la Compagnia Castalia ci fa un altro regalo: nel recupero dell'utilizzo della maschera, affascinante peculiarità del teatro degli antichi, realizzate dal rinomato Studio Carboni, viene recuperata, anche la gestualità dell'attore, dando agli appassionati la possibilità di potersi incontrare con un'immanenza retinica della scena antica fino a quel momento, magari, solo immaginata.
Il punto di vista di Federico Cirillo
Il regista Vincenzo Zingaro, con un egregio lavoro di adattamento e scenografia, ripropone tutta la sfrontata ironia di Aristofane con uno dei suoi capolavori, “Le Nuvole”; in scena al Teatro Arcobaleno fino al 16 Marzo.
"Chi non ha letto Aristofane non può capire cosa vuol dire la felicità"
(Hegel)
Un Aristofane di grande attualità quello offerto da Vincenzo Zingaro che nel suo riadattamento ne conserva intatti i contenuti antichi avvalendosi delle preziose e pregevoli maschere tipiche del teatro greco – “gioielli” scenici del rinomato Studio Carboni, celebre per la fortunata collaborazione in passato con artisti del calibro di Fellini e Visconti – le quali, nel giro di due atti dinamici e godibilissimi, riportano lo spettatore indietro di 2500 anni, ad una delle prime commedie embrione, spunto e capostipite di quello che sarà poi ed è attualmente il teatro occidentale. Dal padre di tutta la commedia antica, un’opera che fa sorridere ma soprattutto riflettere: un attacco diretto ai sofisti del suo tempo, dipinti dall’autore come cialtroni dediti a contrabbandare, per mezzo della loro ars dicendi, idee che deteriorano i valori veri dei giovani, allontanandoli, così dalla saggezza del discorso Maggiore, contrapposto, dunque, al discorso Minore che travia e illude le nuove generazioni, facendole cascare nella intricate trappole di chi cerca e ottiene, attraverso traversie dialettiche, il loro consenso, il loro appoggio e l’approvazione per qualsivoglia riprovevole azione che vada, anche, a inficiare il giusto percorso della legge.
Si intravede e percepisce, ben stagliato in un amaro introiettarsi al presente, una satira tutt’oggi ancora valida, nei confronti di quella degenerazione del sistema televisivo (e dei media in generale) che vuole e riesce ad imporre sempre più modelli dai contenuti in realtà vacui e inconsistenti.
Proprio, infatti, nel periodo storico nel quale Sorrentino mette a nudo la Grande Bellezza, sfarzosa e di plastica, di una certa casta sociale che promuove e guida false illusioni e speranze legate a un mondo materiale – la classe dirigente, per intenderci – Zingaro ripropone, con consapevole tempismo, il tema delle Nuvole, dove Aristofane, con maestosa sagacia nel condannare l’arroganza intellettuale di un Socrate (immagine scenica, ovviamente, ben lontana da quella reale dell’auctoritas del filosofo greco) canzona, con un parodiare fresco, trasparente e profondo, dove l’osceno non è mai morboso e, anzi, esalta i toni della provocazione astuta, una cultura emergente che trova la sua corrispondenza nella disonestà, o meglio, nei tentativi di disonestà, del vecchio Strepsiade – interpretato con maestria da Fabrizio Passerini.
Egli, infatti, afflitto da debiti e dai creditori, si affida agli stratagemmi dell’eloquio e dei discorsi dotti per raggirare la giustizia e le cause a lui intentategli, inducendo e immettendo sulla strada del “pensatoio”, regno di Socrate – dietro la cui austera e severa maschera si nasconde Ugo Cardinali - e dei suoi allievi – rappresentati come dei galletti starnazzanti, sublime espressione dello zoomorfismo tipico delle commedie di Aristofane (come ad esempio ne Le Vespe, Le Rane e Gli Uccelli) - il figlio Filippide (Piero Scarpa), vittima di un mutamento radicale e quanto mai ironico.
Da rude amante dei cavalli – passione che ha costretto di fatti il padre a contrarre innumerevoli debiti – il giovane viene trasformato in etereo efebo dalla parlantina sciolta, aulica e, ironia della sorte, così straripante e convincente tanto da rinnegare gli insegnamenti stessi del padre al quale, infine, si rivolta, percuotendolo. Simbolo dunque, Filippide, della volubilità dei giovani, facili e ambite prede di un occulto disegno basato sul consenso a scapito della giustizia e dei più ingenui.
Il tutto dietro l’astuta e consapevole regia delle Nuvole, appunto: vere e proprie deus ex machina che, attraverso l’illusione, l’abbaglio, il dramma tragicomico e, infine, la sconfitta di Strepsiade, portano in scena la morale, la quale nasce, si sviluppa e si concretizza attraverso un percorso di ironica catarsi.
In definitiva, al disperato padre, abbattuto, vinto e ormai sommesso, non rimane altro che incendiare la scuola dei sofisti, come ultimo atto di purificazione, per rimediare sia agli errori singoli – la convinzione di poter raggirare il prossimo – sia per contrastare una “piaga” sociale che avrebbe portato, sempre secondo Aristofane (contrario alle nuove filosofie del tempo viste come sistemi di ragionamento nei quali quello che conta non è più la difesa dei valori e della giustizia, ma il saper rigirare le parole a proprio vantaggio) al deterioramento della civiltà.
Chiosando sulle scelte scenografiche, da sottolineare, dunque, l’utilizzo delle maschere, come già evidenziato, che seppur potrebbe rappresentare un ostacolo interpretativo per gli spettatori moderni o più giovani, di comprendere un determinato tipo di commedia e di satira antica, serve, però, a focalizzare e definire le specifiche peculiarità dei personaggi i quali, una volta accettati nel loro universo scenico, regalano al pubblico tutto il gusto del teatro classico; infine le musiche che sostituiscono il coro, rappresentano un perfetto accompagnamento alle azioni, talvolta anche volutamente goffe (frequenti nella rappresentazione di Strepsiade e del discorso Minore), rendendole comunque leggeri e piacevoli come se, sull’aria musicale, si muovessero in perfetta sincronia.
3 marzo 2014
Info
LE NUVOLE *
di Aristofane
17 gennaio - 16 marzo 2014 (venerdì, sabato: ore 21; domenica ore 17.30)
adattamento e regia Vincenzo Zingaro
con Fabrizio Passerini, Ugo Cardinali, Rocco Militano, Piero Sarpa,
Laura De Angelis, Erika Puddu, Carmen Landolfi