Recensione dello spettacolo Orphans in scena al Piccolo Eliseo dal 14 al 29 marzo 2018
Helen e Danny si sono appena seduti a tavola per regalarsi una serata romantica quando Liam, il fratello di lei, irrompe senza preavviso, visibilmente turbato e ricoperto di sangue. Ha inizio così Orphans, il pluripremiato thriller dell’autore britannico Dennis Kelly, diretto, nella versione italiana, da Tommaso Pitta. Con uno shock e un grande punto interrogativo dettati dall’unica macchia di colore, vivo, acceso, rosso sangue.
L’atmosfera è cupa e misteriosa prima ancora dell’ingresso di Liam (Lino Musella). Quella di Danny (Paolo Mazzarelli) e Helen (Monica Nappo) non sembra neppure una cena a lume di candela tra due innamorati felici. Nemmeno la sala da pranzo, spoglia, essenziale, tradisce un po’ di calore familiare e la presenza di un bambino di cinque anni. È l’inizio di un noir, di un’ora e cinquanta minuti di tensione, scanditi da quattro piccoli cambi di scena (o meglio di prospettiva) che, di volta in volta, infittiscono la trama di nuovi e importanti dettagli, mentre svelano e completano la psicologia dei tre protagonisti. Fino alla drammatica epifania: lo svelamento di una società moderna, evoluta e accogliente sulla carta, ma incapace di guardare al di là del proprio appartamento nella pratica.
Perché la minaccia, il pericolo, il nemico arrivano sempre dall’esterno: da un gruppo di teppistelli, dagli asiatici o dal quartiere. Un pensiero forte, politicamente scorretto specie se affidato a due orfani: i più deboli, gli “abbandonati” dalla società. Perché chiamare la polizia e rischiare la galera, se il ragazzo ferito a morte sul ciglio della strada ha sicuramente un passato losco? Perché rischiare di distruggere la propria famiglia per qualcuno che neppure si conosce?
Come scrive Pitta in una nota di regia “Orphans è un testo straziante, è la tragedia di tre personaggi che non possono fare a meno l’uno dell’altro al punto che, per salvare l’insalvabile finiscono per distruggere ogni legame tra loro e, quindi, per autodistruggersi.” Lo fanno per tutta la durata dello spettacolo, lo fanno da sempre: Helen per amore del fratello, socialmente pericoloso e psicologicamente instabile, rinuncia da bambina alla famiglia dei suoi sogni e da adulta a costruirsene una; Liam, pur amando Danny e Helen, non si trattiene dal far loro del male; Danny, forse il personaggio più vicino all’etica e al senso civico, per amore della moglie si lascia trascinare in un baratro senza via di fuga. In quel mondo cinico, disincantato e crudele che Kelly dipinge alla perfezione.
Uno spettacolo complesso, più tragico che comico, nonostante strappi qualche risata; a tratti angosciante, soffocante e lento, nonostante l’evolversi costante degli eventi. Un cambiamento (della storia, dei personaggi e dei punti di vista) ben sottolineato dalla scelta registica di ruotare, tra una scena e l’altra, la pedana quadrata su cui gli attori si muovono e sapientemente affidato all’interpretazione del trio, che convince. Il pubblico applaude entusiasta.
Concetta Prencipe
22 marzo 2018