Recensione dello spettacolo Anna e Riccardo in scena al Teatro Tordinona dal 14 al 17 dicembre 2017
Anna (Sofia Bolognini) è instabile, capricciosa, autodistruttiva: al momento si trova presso una casa famiglia ma ha tutta l’intenzione di scappare in direzione mare con il suo grande amore, Riccardo (Marco Guglielmi). Il giovane vive di espedienti e spaccio ma pare disposto a tutto pur di renderla felice. Lei questo pare saperlo, ecco perché alza sempre più la posta, adducendo i più svariati motivi per ritardare la fuga, mettere fretta al ragazzo, provocarlo sessualmente e ritrarsi quando è giunto il momento di essere decisa.
Riccardo ha un animo sensibile, è un tipo alla buona, che non sa come gestire i trucchetti psicologici della fidanzata e non può che cercare di contenerne gli eccessi con stolida rassegnazione. Quando Anna tenta il suicidio e minaccia di riprovarci se non ottiene ciò che vuole, senza sapere nemmeno lei bene cosa, Riccardo non può che provare ad allontanarsene: può tenere con sé giusto qualche ricordo dei bei momenti trascorsi insieme, come quando lui fantasticava mentre lei passava il tempo a giocare ai videogiochi. La sua è una vita ai margini, dove al vendere droga si alterna con noncuranza il furto e la ricettazione: durante il furto di un motorino, però, verrà ferito e, in seguito, imprigionato. A fargli compagnia resteranno solo le lettere che l’amata le ha scritto: il carcere lo cambierà per sempre, moralmente e fisicamente. Quando Anna avrà finito di giocare alla pazzia si renderà conto di chi lo è diventato davvero.
Anna e Riccardo, spettacolo molto significativo nella sua semplicità, è una storia comune divisa in capitoli che parla di degrado e dipendenza affettiva, dove la reciprocità dei sentimenti non vince mai. La scrittura del giovane Giacomo Sette non si crogiola nel pietismo né si concede la facile scorciatoia del drammone giovanile: racconta una storia che sa di realtà e la sua denuncia garbatamente sociale ne conserva il sapore. La regia di Cristian Pagliucchi è altrettanto pulita e genuina, così come le efficaci luci e alcuni elementi scenici che – mentre divertono il pubblico - caratterizzano piacevolmente la vicenda tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000. Sia Marco Guglielmini sia Sofia Bolognini - che ogni tanto ci e si regala il piacere di stare sul palco invece che alla regia - risultano estremamente credibili nell’incarnare questi due falliti Bonnie e Clyde di borgata. La loro storia ci ricorda che amare e avere cura di una persona vuol dire anche fare attenzione a dove la si conduce e ai limiti che le si fanno superare, forti del desiderio che si è in grado di suscitare: perché ci sono luoghi da cui è difficile tornare. Altri ancora da cui è impossibile.
Cristian Pandolfino
18 dicembre 2017