Recensione dello spettacolo L’avaro andato in scena al Teatro Verdi di Pisa il 4 e 5 novembre 2017
La compagnia Arca Azzurra Teatro ripropone per la stagione 2017/2018 L’avaro di Molière, rielaborato da Ugo Chiti, soprannominato il “poeta di compagnia” dell’Arca, che ne ha curato anche la regia e lo spazio scenico.
Coloro che conoscono il testo originale di Molière noteranno da subito che questo spettacolo è un libero adattamento perché il drammaturgo ha inserito un prologo ed un epilogo per dare un maggior senso al personaggio di Arpagone, inoltre ha anche eliminato degli inutili sovrappiù che niente aggiungono alla storia. La trama presenta uno spaccato della società del tempo, attraverso tematiche care a Moliere, che risultano però tutt’oggi attuali.
Il protagonista ha dei lineamenti tragicomici, causati dalla sua avarizia e sottolineati nella scena in cui sotterra in giardino la sua cassetta piena di monte d’oro.
Tutto il cast si muove sul palcoscenico “giocando” in maniera convincente con la recitazione. Tra tutti spiccano il protagonista Arpagone, interpretato dal comico toscano Alessandro Benvenuti che è il nucleo centrale dello spettacolo, che con la sua mimica e la sua voce rende molto credibile il personaggio, e Giuliana Colzi che interpreta Frosina; entrambi hanno suscitato più volte le risate degli spettatori. Lucia Socci e Andrea Costagli sono Elisa e Cleante, i due figli di Arpagone che (forse) a causa del trucco di scena risultano troppo invecchiati rispetto ai due giovani che dovrebbero interpretare e anche rispetto a Gabriele Giaffreda (Valerio) e Elisa Proietti (Mariana) che sono i loro relativi innamorati “segreti”. Il resto della compagnia è composto da: Massimo Salvianti (Freccia), Dimitri Frosali (Mastro Giacomo), Paolo Ciotti (Don Anselmo).
Come detto in precedenza, un elemento da sottolineare è il finale dello spettacolo, totalmente diverso rispetto a Molière. Lo stesso Benvenuti, in un’intervista, afferma che “Il finale è terribile, il finale originale è una delle cose più brutte che io abbia mai visto in teatro, non avrei mai fatto in vita mia un finale di Arpagone in quel modo”, infatti il drammaturgo francese chiude la commedia con la battuta con Arpagone che dice “Ed io, a vedere la mia cara cassetta”, rinunciando al matrimonio pur di riavere indietro i suoi “cari”denari. Ugo Chiti va addirittura oltre e ci mostra il protagonista nel giardino vicino alla sua amata cassetta che conta i suoi averi e nel frattempo cala la notte e inizia a piovere ma lui anziché rientrare in casa, resta nel giardino a “cullare” il suo denaro.
La scenografia rispecchia l’animo di Arpagone, totalmente oscura e composta semplicemente da sgabelli e un fondale nero, che rappresentano proprio l’avaria del personaggio. Giuliana Colzi in questo spettacolo è sia attrice che costumista. In questa veste spazia attraverso vari generi (troviamo anche maschere della Commedia dell’Arte) pur rispettando l’epoca dell’ambientazione originale.
Dopo il successo e gli applausi ricevuti a Pisa, dovuti anche grazie alla presenza del toscano Benvenuti, che potremmo dire “giocava in casa”, potrete godere di questo spettacolo al Teatro Parioli di Roma dal 7 al 19 novembre.
Gabriele Isetto
6 novembre 2017