Recensione dello spettacolo Domani i giornali non usciranno in scena al Teatro Studio Uno dal 26 ottobre al 5 novembre 2017
Che Domani i giornali non usciranno sia un progetto molto pensato e ben strutturato lo si capisce appena entrati nel Teatro Studio Uno: ci sono le foto di scena di Alessandro Gallo appese a una parete e il bel progetto grafico di Caterina Loffredo declinato su vari materiali. Non potrebbe essere altrimenti, visti il testo firmato dalla scrittrice Veronica Raimo e il contributo sonoro allo spettacolo di Toni Virgillito - membro della band alternativa vonneumann – i cui nomi creano ulteriori aspettative.
Ma perché Domani i giornali non usciranno? La risposta è nella sequela di azioni mancate che la protagonista, un’eccellente Alessandra Chieli, inanellerà per tutta la durata del suo lungo e straniante monologo: arrivata in aeroporto, scopre di aver perso l’aereo – e di conseguenza l’opportunità di viaggio - per cui si preparava da mesi. Un esercizio alla perfezione che ha del maniacale, perché non è mai stata e non sarà mai più così in forma, così mediamente abbronzata, così ben vestita, così pronta. Ma non basta: l’addetta alle comunicazioni aeroportuali annuncia che non c’è posto sul prossimo volo. E nemmeno su quello dopo. E nemmeno su quello dopo. E nemmeno su quello dopo… La donna si ritrova, così, in uno dei luoghi di solo passaggio per antonomasia: l’aeroporto. Sfortunatamente, però, pare destinata a fermarcisi specie da quando la voce all’altoparlante – ormai unico contatto con il mondo esterno a sé ma non con quello là fuori – inizia a interagire con lei, canzonandola per la folle idea che si è fatta di essere in viaggio.
L’uomo che l’aspetta forse non l’aspetterà più. O forse lo farà per sempre, chi lo sa e cosa importa: lei è impegnata a misurarsi con le scelte fatte o non fatte, confondendo un’impiegata al microfono con i dubbi della madre e le interrogazioni del suo io più interiore. Implorando, quasi, di restare in questo limbo: unica condizione per rimanere in attesa.
Lo spettacolo portato in scena dalla Compagnia Baroni Chieli Ferrari è complesso, dai diversi piani di lettura e lascia sensazioni ambivalenti: da un lato la sua staticità – che ben esprime la tendenza alla fissazione della protagonista – è efficacemente espressa da una scenografia minimalista, pulitissima e funzionale costituita da quattro cornici bianche che sintetizzano i vari spazi di un’aerostazione ma anche, smontandosi, gli stadi emotivi della giovane. Poi c’è la prova di Alessandra Chieli, la cui recitazione volutamente impostata dichiara vistosamente una innaturalezza assurta a forma di controllo caratteriale: aspetto di cui il personaggio tenta inutilmente di liberarsi attraverso una partenza, fallita, anche da sé. Va, inoltre, sottolineato il grande lavoro fatto sul corpo, espresso chiaramente nel mimare l’ingresso al terminal attraverso un tapis roulant che è solo nelle sue gambe.
C’è, però, qualcosa che si inceppa nel meccanismo di quest’opera e non le permette di decollare, lasciando a terra tutto il bagaglio di attese e promesse fatte. Ma, del resto, non è di questo che parla?
Cristian Pandolfino
29 ottobre 2017