Martedì, 26 Novembre 2024
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Teatro Olimpico di Roma. ARIA, Arie barocche nell'aria.

Recensione dello spettacolo Aria in scena al Teatro Olimpico dal 6 al 16 Ottobre 2016

L’incontro tra un teatro danzante e volante e le musiche barocche per creare uno sposalizio quasi perfetto. E’ questo ciò che Emiliano Pellisari mette in scena al teatro Olimpico con lo spettacolo “Aria”. Si appropria, esattamente come ha fatto il barocco tempo fa, di questo termine, non più per identificarlo con il miscuglio vitale di azoto e ossigeno, ma per riconoscerlo nella voce umana del tenore e del soprano che cantano e nel movimento tridimensionale del danzatore che si muove sulla scena.

Gravità annullata in uno spazio che sembra fuori dal tempo, i ballerini volano, quasi nuotano, si capovolgono, cadono, girano, fluttuano, danzano, scompaiono per poi riapparire in paesaggi al limite dell’onirico e fanno sentire lo spettatore in una realtà ultraterrena, dove tutto può accadere e le leggi fisiche si annullano in un baleno. I costumi sono scenografie e i nudi sono sculture antiche, i musicisti della Roma Barocca ensemble, salgono in scena per diventare veri e propri protagonisti con i loro antichi strumenti come tiorba e cembalo, ricreando alla lettera ciò che avveniva nelle “favole in musica” dell’inizio del Seicento. Opera, musica, canto e danza diventano inseparabili, dipendenti l’uno dall’altra.
Allegria e malinconia, gioia e dolore, amor perduto e amore vittorioso, patetismo e frenesia, morte e vanità sono i temi che si susseguono nelle diverse arie che una dopo l’altra vengono messe sulla scena, una diversa dall’altra, quasi per far alternare nello spettatore sensazioni ed emozioni contrastanti attimo dopo attimo. Passando dal prologo di “Orfeo”, alla metafora erotica della “Farfalletta” interpretata da un ambiguo tenore che vola libero sul palco; dalla multitematica “Lagrimosa beltà” in cui un’enorme gonna, simbolo del teatro e della vita farà da pittoresco sipario, al “Pulcinella” gigantesco e sui trampoli, che rievoca le raffigurazioni di Giandomenico Tiepolo; passando per la giocosa “Taranta” e le sirene del “Son qual nave” con le sue esuberanti luci colorate; il regista ci regala un percorso sorprendente di musiche, danze e scenografie.
Il pubblico è divertito e incuriosito dai virtuosismi dei NoGravity e rimane incantato e intrappolato nelle voci e nei suoni delle arie barocche che risultano essere fuori dal tempo, grazie alla nuova luce che viene puntata su di loro da questo spettacolo, peccato per i rumori di scena che troppo spesso interrompono il viaggio onirico che ci fa vivere questa rappresentazione.


Greta Giammarioli

17/10/2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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